Dal rispetto nella diversità, una gioia esistenziale

L’8 marzo è la Giornata internazionale di lotta per i diritti delle donne e desidero considerarla anche un’occasione per prendere posizione contro la mercificazione del vivente, del corpo, delle relazioni. Quella che si sta diffondendo grazie anche al movimento delle donne, è infatti la coscienza che non tutto si può comperare, barattare, monetizzare, possedere come un bene di consumo perché mette in discussione la nostra essenza di persone, i beni comuni e la stessa vita sul pianeta.

Le donne si ribellano alla mercificazione delle loro vite, alla discriminazione e alla violenza che subiscono ogni volta che sono ridotte ad un “corpo-cosa” da conquistare, da usare, da violare nella carne e nei sentimenti, fino ad essere uccise. Si ribellano alle discriminazioni sul lavoro che rubano due volte lo spazio agli affetti e alle relazioni e ad un sistema alienante dei tempi della vita che distrugge la ritmicità necessaria per stare in salute. In molte relazioni sociali viviamo quotidiani rapporti di potere che ci fanno sentire oggetti e non soggetti. Sono rapporti così pervasivi che non sempre ne siamo consapevoli, tanto che riescono a farci credere che si possa “scegliere” di stare dentro queste dinamiche di oppressione. Le scelte importanti della vita e delle relazioni mettono in gioco il concetto fondamentale dell’autodeterminazione consapevole. E’ stato questo concetto che ha caratterizzato le conquiste (non solo delle donne) per i diritti delle persone, e che deve essere ritenuto un imprescindibile vincolo di rispetto della soggettività e dignità umana di tutte e tutti. Eppure non c’è per tutte/i reale possibilità di scelta e l’autodeterminazione non è sempre possibile per troppe persone oppresse da un sistema economico e sociale dove l’essere umano, quando va bene, è chiamato “risorsa”.

La vera autodeterminazione – che non riguarda solo il corpo – , nasce quando si può scegliere consapevolmente di dire di no senza paura o dire il nostro sì con gioia, e riguarda molte volte nel profondo l’esperienza che “io sono il mio corpo”, cioè non lo posseggo/uso come un oggetto, ma è essenza di me come soggetto e persona. Il corpo “è la persona” e non appartiene alle cose che si possono mettere in vendita come fosse un vestito,da cambiare a piacere. L’idea che non si possa comperare, possedere o vendere un essere umano inizia dunque da questo rispetto di sé stesse/i, si riflette nelle relazioni con gli altri e porta a reagire con forza a crimini contro la persona che ancora sono troppo presenti, in particolare nelle relazioni tra uomini e donne. Penso alla tratta delle donne per la prostituzione, al turismo sessuale (mercato in cui gli uomini italiani sono i soggetti più attivi al mondo), alla sessualità a pagamento, al mercato della “gestazione per altri”, alla diffusione di una “pornografia del corpo femminile nella vita quotidiana” che dopo tv e spot dilaga anche nei social media, impregnando di anestesia relazionale l’educazione delle nuove generazioni. Pensare ed educarci all’esperienza del corpo, nella sua unicità e differenza, con i suoi limiti e la sua bellezza, col suo valore che non ha un prezzo, significa vivere una crescita personale profonda, che porta alla integrazione delle dimensioni fisiche, emotive, sociali, culturali e spirituali. Questa ri-unione delle nostre parti, che certa vecchia cultura vuole separate, è una esperienza che porta al rispetto e all’amore di sé stesse/i e di conseguenza all’amore per gli altri, e a sentire che la persona umana non può essere svilita a merce. Se ciò che non è mercificabile viene invece costantemente messo sul mercato (e il potere lo ha chi organizza il mercato ma anche chi paga) e non desideriamo davvero creare una alternativa di valori, come si potrà combattere alla radice la violenza proprietaria quotidiana sulle persone (degli uomini sulle donne, ma non solo) e l’ingiusta proprietà dei beni comuni nelle mani di pochi?

Un 8 marzo tutto da vivere dunque per i diritti delle donne, per superare ovunque i rapporti di potere degli uomini sulle donne, ma per riflettere anche su tutti i rapporti di potere, compresi quelli che le donne stesse hanno con altre donne. Una parte consistente del mondo femminista lo sa bene che vi è una profonda ingiustizia anche nei rapporti fra donne ed è capace di cogliere quanta discriminazione, sopraffazione e sfruttamento ai danni di altre donne questo sistema economico produce, anche con l’inganno di far sentire alcune “più emancipate”. Non è un caso che siano molte le donne riconosciute come difensore dei diritti umani e ambientali nel mondo, leader che spesso pagano con la vita per le loro lotte, che ci richiamano costantemente a mettere in discussione il nostro stile di vita basato su insostenibili diseguaglianze provocate anche con la rapina delle risorse in altre aree del pianeta.

L’aver compreso che la libertà non è una dimensione individuale, slegata dalla relazione con le altre donne e aver adottato la pratica del “partire da sé per cambiare il mondo” sono state le idee più forti del movimento femminista. Abbiamo sviluppato la capacità di vedere nei corpi delle persone in carne e ossa, in differenza e somiglianza, in sofferenza e bellezza, in tutti i corpi di diverse età, sesso, etnia, storia, cultura e fede la stessa dignità di persona e quindi lo stesso diritto a non soffrire. Rifiutare il dolore provocato da relazioni di potere/dominio, non accettare sofferenze imposte, rigettare la violenza e il non rispetto della persona “in sé” comporta onorare il corpo, che incarna ogni dolore. Così, ripartire dalla concreta e necessaria affermazione della dignità di ogni persona, nel rispetto della sua autodeterminazione consapevole e nella difesa dei diritti umani, dal movimento delle donne è diventato un obiettivo politico per tutte e per tutti. Un 8 marzo dunque per una evoluzione delle relazioni umane in cui ci si rispetta nella diversità per trarne gioia esistenziale. Un cambiamento generativo di liberazione autentica che riguarda uomini e donne e che prepari la strada delle future “marce mondiali” che si uniranno per i diritti umani, per la giustizia sociale, per il clima, per la pace.

Violetta Plotegher

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