La denatalità non è un problema. E’ il problema

Eppure lo shock demografico – contro il quale servirebbe un Patto trasversale, politico e culturale – è percepito come un problema fra i tanti. Invece, è il problema.

Dal Festival di Trento brutte notizie per la famiglia italiana. In un Paese fra i meno prolifici del pianeta, il primo in Europa ad avere più ottantenni che nuovi nati, le denatalità batte ogni anno il record precedente (siamo a 1,29 figli per donna, dietro a noi solo Spagna e Malta). Una caduta inesorabile e consolidata, dopo il boom degli anni Sessanta e la timida ripresa negli anni Ottanta. Scivola in giù l’Italia e rischia di non rialzarsi, perché senza figli non potrà più crescere, come prevedono ISTAT ed Eurostat.

Eppure lo shock demografico – contro il quale servirebbe un Patto trasversale, politico e culturale – è percepito come un problema fra i tanti. Invece, è il problema.

I migliori demografi italiani come Massimo Rosina e Luigi Campiglio lo hanno documentato con i loro grafici che puntano verso il basso: siamo molto al di sotto dei 2 figli per donna e si sbilanciano così anche pensioni, welfare, occupazione. Si ritroveranno molti figli unici, senza fratelli e senza zii, proprio come il ragazzino immaginato dagli studenti degli Artigianelli nel video che ha aperto il Festival.

Due evidenze rendono più grave l’allarme. La prima sta nel fatto che oltre ai figli diminuiscono anche le mamme, giacché si è ridotta la platea delle donne in età potenzialmente fertile, figlie anche loro dello sboom demografico.

La seconda, più profonda perché sta diventando un modello culturale, sta nel fatto che “fare figli non è considerato un valore”, come spiega Rosina. Le statistiche dicono che si ritarda la nascita del primogenito (in media lo si vorrebbe attorno ai 28 anni e arriva ai 31 anni), le ricerche spiegano che le giovani coppie “progettano” di avere pochi figli: il 21% non ne vorrebbe, il 25% uno solo, il 46% pensa a 2 e solo il coraggioso 6% immagina la famiglia numerosa dai 3 ragazzi in su. Per tanti motivi (tra i quali pesa anche il fatto che si raggiunge molto più tardi un’autonomia lavorativa) molte giovani coppie italiane stanno orientandosi consapevolmente verso una scelta di chiusura al futuro: rinunciano ad avere figli.

Lo ha rilevato con la consapevolezza educativa del capo scout anche la ministra alla famiglia Elena Bonetti: lunedì a Trento ha indicato la necessità di incidere con misure concrete (dall’assegno universale per i nuovi nati, come quello varato dalla Giunta provinciale di Trento, al potenziamento di nidi e servizi alla prima infanzia), ma anche con azioni che autopromuovano le giovani famiglie, spingano a relazioni positive, riscoprano il valore della “comunità di comunità”, favoriscano insieme lavoro e famiglia…insomma facciano percepire che la genitorialità è sì una prospettiva irreversibile, ma felicemente irreversibile: i figli sono una ricchezza sempre, per noi e per la società.

Gigi de Palo, carismatico leader delle Associazioni familiari dai sandali francescani, ha raccontato dei cinque figli che lo aspettano “per fare lotta sul lettone al mattino” e ha ricordato a tutti che “un figlio è un bene comune, indipendentemente dal reddito dei genitori”. “Se con mia moglie abbiamo scelto di fare cinque figli non è perché siamo nati a Trento o a Bolzano, o perché avevamo delle agevolazioni…” ha spiegato ribadendo la ricchezza dell’esperienza “complicata ma bellissima” dell’essere famiglia, mentre troppi media ne parlano in termini retrogradi o tristi.

Sotto e sopra il gelo demografico c’è quello che l’Arcivescovo Tisi ha definito “l’inverno nel generare idee nuove”, determinato dalla chiusura narcisista in se stessi e dalla paura d’incontrare il volto dell’altro. “Ne è simbolo l’uomo del selfie – ha ripetuto – che si ritiene principio e fine di tutto, che non ha voglia di creare futuro e non si riconosce figlio di una storia di comunità. Dagli uomini selfie non possono arrivare ne figli né idee, solo solitudine e morte”.

Il Festival della Famiglia, che purtroppo a livello nazionale è molto meno seguito di quello dell’Economia o dello Sport, ha individuato sulla carta gli interventi “combinati” per contrastare la denatalità. Spetta anche ai trentini, grazie anche al Piano provinciale avviato da qualche anno ed ora consolidato, dimostrare che la tendenza può essere invertita, se si agisce su politiche adeguate (anche tariffarie) e si riesce a coltivare il valore del futuro, testimoniandolo ai genitori (sempre meno giovani purtroppo) di oggi e di domani.

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