Provincia, non risparmiare sugli aiuti ai poveri!

Dopo la sospensione tattica di molti progetti di cooperazione internazionale a Natale, ora la Giunta ci ha regalato come sorpresa di Pasqua una delibera che profila “un ulteriore disimpegno” della Provincia nella cooperazione internazionale. Obiettivo dichiarato: smantellare la normativa del 2005, che obbliga di destinare lo 0,25 % delle entrate del bilancio annuale a progetti di cooperazione allo sviluppo nel Sud del mondo.

Alle 67 organizzazioni trentine, che il 20 febbraio avevano chiesto all’assessore competente Achille Spinelli di “sbloccare lo stallo”, il governatore Maurizio Fugatti manda a dire chiaro e tondo che “la Giunta dimezza” i 10 milioni di euro all’anno finora stanziati” e si aspetta quindi “cinque milioni di euro di risparmi”, con l’intenzione – dichiarata al Trentino del 23 aprile – di “prevedere ulteriore risparmio”.

Mentre le stesse associazioni erano disponibili a discutere su revisione di criteri, tempistica e coordinamento degli interventi, qui la Giunta afferma invece una volontà politica che non può non trovare contrario chi crede in una comune umanità e in una fraternità fra i popoli: perché il Trentino deve risparmiare sugli aiuti ai poveri del mondo? Questo e solo questo e il punto principale: diteci, perché.

Con l’aggravante che questi 10 milioni possono essere rappresentati graficamente come una fetta davvero molto esile nell’abbondante torta del bilancio provinciale. Che ora sarà tagliata esattamente in due parti; ne doniamo soltanto una fettina, e qualche briciola.

Questo drastico dimezzamento, visto nell’ottica di una giustizia planetaria, appare per quello che è: un togliere ai poveri lontani per trattenere qui queste risorse e destinarle a noi “vicini”.

Non vogliamo fermarci ai conti economici – anche se il proclamato “taglio” di Fugatti lo impone – ma evidenziare il significato sociale e culturale di questo smantellamento: i progetti di cooperazione lo scorso anno sono andati a beneficio di 600 mila persone nel mondo (il corrispettivo di un altro Trentino) ed ha coinvolto – qui, sul campo – direttamente quasi 50 mila trentini in mobilitazione e partecipazione.

Secondo la Provincia va evitato il rischio di una sproporzione fra contributo pubblico e impegno privato e va superata la parcellizzazione degli interventi. Due criteri condivisi. Rispetto al primo punto però va detto che già attualmente nella media delle associazioni di cooperazione internazionale c’è un 50% di intervento privato e un 50% di pubblico e che la volontà di operare in rete è confermata dal percorso che da due anni a questa parte ha visto ben 67 sigle di diversa estrazione confluire nel consorzio “FaRete Trentino”, interlocutore serio per l’ente pubblico.

Sono le stesse associazioni che – senza alzare la testa dalla richieste dei partner locali (spesso nostri missionari) – s’impegnano a verificare le regole condivise per realizzare quei criteri di partecipazione, reale valore di rete, parteneriato locale…fissati nella “Carta di Trento”, aggiornato documento che viene citato come modello a livello nazionale.

Se qualche decennio fa vi è stato qualche errore d’improvvisazione, di sperpero o di “neocolonialismo”, il cammino dopo la legge del 1988 ha portato la cooperazione trentina – attraverso prassi severe di rendicontazione e progettazione – a diventare un esempio internazionale, sia per l’organizzazione che per la formazione. Perchè ora decapitarlo?

Sarebbe togliere alla gestione della nostra autonomia uno dei pilastri voluti dai padri fondatori: dobbiamo sentirci corresponsabili anche di chi vive (o meglio sopravvive) nelle periferie dell’ingiustizia globale, dove fra l’altro i nostri emigranti e i nostri missionari si sono inseriti come avanguardie di riferimento. Non a caso, tanti progetti di cooperazione hanno loro come preziosi puntelli di sostegno. E in futuro i giovani cooperanti formati a Trento potranno sostituirli, fedeli a quel principio di sostenibilità dei progetti che vale sia nel Paese che riceve che in quello che dà.

Anche per questo riflesso sul futuro, un’Autonomia che taglia sui poveri è un’Autonomia che pensa di risparmiare, ma che invece s’impoverisce. ]

Diego Andreatta

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