Quelle mille cessioni di droga

Il bar centrale di Castello che diventa una sala operativa per il taglio e la vendita della cocaina. Un’azienda composta anche da insospettabili persone delle valli di Fiemme e di Cembra, trasformati in vigliacchi galoppini della droga. Profitti sporchi per una media di 70 mila euro al mese sulla pelle di giovani consumatori, attirati con qualche sostanza più leggera. “Abbiamo documentato e stimato circa mille cessioni di sostanze nell’arco di un anno”, ci confermano i Carabinieri di Cavalese, ai quali va il merito dei 13 arresti e di un lavoro appassionato e paziente.

Ma il giorno dopo fanno rabbrividire tutti, non solo chi ha figli adolescenti, i dettagli di quest’operazione denominata “Sciamano” che non può essere archiviata come triste e inevitabile routine. Pure le valli dell’Avisio restano attonite e s’interrogano nel prendere atto che la diffusione della tossicodipendenza anche fra i più giovani, può trovare una sorgente perfino dietro le serrande di un bar nel centro storico, come un cancro cresciuto nel polmone di una comunità. Consola il fatto che i carabinieri siano arrivati a estirpare le connessioni fra la centrale fiemmese della cocaina e i fornitori lombardi proprio grazie alle segnalazioni dei concittadini. “Confidenze e sospetti hanno orientato la nostra indagine, fino alle perquisizioni e agli arresti”.

Ma l’opera di repressione, utilissima anche per chiarire il perimetro e le dimensioni di un fenomeno sfuggente, non basta. Così come non basta la scaramanzia sciamanica alla quale i mercanti locali della droga si sono affidati, nel disprezzo del futuro dei loro giovani clienti.

Lo sguardo si posa appunto sui nostri ragazzi e sulle loro serate. Li si può attrezzare e irrobustire soltanto con una sana opera di prevenzione sui rischi potenziali della “prova” di sostanze troppo facilmente “sdoganate” dalla normativa. Come spiegano gli esperti, il terreno di coltura è dato da solitudini ed una modalità aggregativa “bagnata” dal consumo di alcol ed emozioni forti, dentro un branco avvertito come illusoria barriera da un malessere esistenziale.

Nelle scuole e nelle varie agenzie formative – parrocchie o oratori compresi – non va allentato l’impegno di dire le cose come stanno. Di offrire momenti di sensibilizzazione rispetto a quanto offre il turpe mercato, sottolineando che anche il gioco online può essere una prima scherzosa ricerca di felicità che rende invece infelici.

Il 20 dicembre prossimo all’Istituto Rosa Bianca di Cavalese si rinnoverà una giornata di sensibilizzazione per gli studenti e di formazione per docenti e adulti. Un tentativo di rilanciare l’alleanza educativa che da sola – a parte l’azione dei carabinieri – può interrompere il pernicioso primo approccio alle sostanze psicotrope.

“Come ricostruiamo una comunità educante?” così s’intitolava un seminario di studio di respiro provinciale tenutosi la settimana scorsa a palazzo Geremia per presentare il modello di prevenzione “Planet Youth”, sperimentato in Islanda. Un progetto basato sulla partecipazione di tutta la comunità in un dialogo costante fra ricerca, politica e pratica. Se è vero che tanti giovani oggi possono essere annoverati fra i poveri – come va ripetendo l’Arcivescovo Lauro che nella sua lettera di giugno ha rilanciato l’allarme tossicodipendenza – un’alleanza della comunità educante è anche una forma di lotta alla povertà.

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