Effetto casa

Prima visita all'Hospice di via Menguzzato che ospiterà 12 malati: “Un ambiente dove sentirsi come a casa propria”, spiegano i responsabili della Fondazione

“Un ambiente dove il malato può sentirsi come a casa sua; dove è libero di avere vicino le persone care e circondarsi delle cose che desidera. Una casa che si spera possa diventare presto realtà, con il sostegno di quanti nutrono sensibilità verso i bisogni del malato inguaribile”.

Con questo ritaglio di Vita Trentina datato 2011 – il progetto di un nuovo Hospice a Trento Sud – siamo scesi martedì mattina in via Menguzzato, nella campagna che guarda verso le torri di Madonna Bianca, per presentarvi in anticipo la struttura che sarà inaugurata sabato 14 gennaio 2017. E l’impressione, fin dall’ingresso accogliente, è che quel foglio di carta si sia fatto…mattone e legno, e quei propositi diventeranno presto vita quotidiana, faticosa sì, ma dal peso probabilmente più lieve.

Sarà che sono già passati dieci anni da quando è partita la prima esperienza dell'Hospice Villa Igea, sarà che è cresciuta la percezione sociale dell'importanza delle cure palliative, ma l'inaugurazione di sabato appare un passaggio doveroso, quasi indispensabile oggi. Di più: una tappa per irrobustire la rete dei servizi a quanti si trovano a cercare appoggi nella fase delicata – spesso prostrante – della malattia in fase avanzata dei propri cari. Molto si deve anche alla “progettazione partecipata” con cui questa nuova struttura è stata concepita prima ancora della prima pietra “benedetta” il 15 novembre 2014 (e in due anni, secondo le previsioni, i lavori sono finiti). Un percorso lento ma deciso, voluto per coinvolgere tutta la comunità (non solo l'ente pubblico, ma anche il privato sociale) dalla Fondazione Hospice Trentino onlus, nata pure dieci anni fa per volontà della Fondazione Trentina per il Volontariato Sociale. E l'impegno profuso nelle varie tappe – il confronto progettuale, il sostegno di Trentino Patrimonio Spa, la formazione dei volontari e il modello di cogestione tra Azienda sanitaria e Fondazione stessa – hanno consentito di arrivare all'apertura senza troppi affanni, con una prospettiva serena come quella che si scorge guardando verso i vigneti che declinano verso l'Adige.

Partiamo dalle risorse umane prima che dai locali. Nella grande sala (che in futuro servirà per altri incontri di formazione e sensibilizzazione) vediamo impegnato in un percorso formativo ad hoc il personale dello staff: si tratta di 11 infermieri (1 coordinatore infermieristico) e 6 operatori sanitari che collaboreranno con una psicologa, due fisioterapiste, un direttore sanitario e il direttore operativo Stefano Bertoldi: “La selezione del personale è stata particolarmente accurata – ci spiega Bertoldi, pioniere dell’auto mutuo aiuto in Trentino e in Italia – per poter rispondere al meglio ai bisogni di relazione dei malati. L’equipe multidisciplinare potrà poi contare sui volontari formati in questi anni attraverso appositi corsi ma anche con l’ esperienza in altri hospice”.

Le persone disponibili al volontariato in hospice sono ormai un centinaio, il vero “cemento” che può sostenere la crescita di questa struttura: “Ci vuole una disponibilità e una preparazione particolare, ma molti volontari scoprono e trovano in questo servizio un motivo di vita, una ricompensa forse impensabile”, spiega Milena Di Camillo, presidente della Fondazione Hospice nonché autrice di un libro che racconta pure un'esperienza significativa di accompagnamento. “Alcuni sono volontari dello “stare”, altri del “fare” operativo, come si dice in gergo, ma mi piace pensare anche ai volontari del fantasticare, che pensano in avanti…”, aggiunge Di Camillo.

Entriamo nelle dodici stanze, ancora vuote, “pensate” per garantire riservatezza, intimità, accesso libero dei familiari (anche i bambini) a qualsiasi ora: non è un ricovero ospedaliero ma “appoggio in una struttura assistenziale”. Colpisce la ricerca di materiali e colori caldi – senza esagerazioni artificiose – per dare quella dimensione confortevole che rende le ore più lunghe meno grige. Le tende mosse come in ogni abitazione, una lampada non… da ospedale, il fornello vicino per risentire di prima mattina il profumo del caffè, l’attacco ai supporti medici non troppo invasivi. E poi la cura comoda per l’igiene personale – una dimensione decisiva quando il corpo è più debole – gli spazi comuni per qualche incontro extrafamiliare, un angolo arredato per i bambini, la tisaneria e le salette per i colloqui più raccolti, ad esempio con la psicologa. Significativo anche il locale al pianterreno cosiddetto “per il culto” (nel rispetto di ogni fede che ospiti e parenti professano o ricercano) in cui potersi fermare davanti a inevitabili domande di senso. I pasti sono forniti seguendo i desideri degli ospiti, per i familiari c’è la cucinetta del reparto.La permanenza media, naturalmente gratuita, è prevista in un mese o un mese e mezzo, la persona è aiutata a vivere, al meglio possibile, tutta la vita che rimane e, soprattutto nei casi di malattie come la SLA, a trovare periodi di sollievo, sempre d’intesa con la rete delle cure palliative e con i rispettivi medici di base. Con i 9 posti di Mori e i 7 di Villa Igea (destinati a essere trasferiti a Mezzolombardo), le 12 nuove stanze singole di Madonna Bianca portano il totale a quei 28 posti che rappresentano il fabbisogno individuato dal Ministero della Salute per la nostra provincia. La lista d’attesa è già lunga, ci dicono, a conferma che questa casa non si poteva far attendere più.

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