Dosso Dossi pittore eccentrico

I suoi dipinti, in mostra Buonconsiglio, dialogano con gli affreschi del castello realizzati dall'artista per Bernardo Cles

A pochi lustri di distanza dalle certezze di Mantegna, Botticelli e Piero della Francesca fiorì in Italia la ricerca di strade nuove, alternative, eleganti, colte, spesso allegoriche, volutamente eccentriche, addirittura inquiete. L’antichità continua a essere intesa come un qualcosa di vivo, che può ancora dare grandi insegnamenti, ma in costante dialogo con il contemporaneo. La prospettiva, già rigorosa, viene forzata e talvolta addirittura deformata. L’ironia sopravanza la serietà. Il paesaggio, complici anche i sempre più ascoltati maestri d’Oltralpe, aumenta il suo peso.

È in questa felice stagione artistica che opera da vero maestro Giovanni Luteri, più noto col nome di Dosso Dossi. Quell’inguaribile aretino che fu Giorgio Vasari lo ricorda con molte riserve; al contrario Ludovico Ariosto lo considera alla pari di Leonardo, Mantegna, Bellini, Michelangelo, Raffaello, Sebastiano del Piombo e Tiziano: di quei pittori “di quai la fama sempre starà”. In effetti, insieme a suo fratello Battista, a lui minore d’età e di genio, col quale lavorò a quattro mani per tutta la vita, Dossi raggiunse gloria, fortuna ed ebbe commissioni dalle più importanti corti rinascimentali italiane. Dagli inizi del Cinquecento, nel corso della sua lunga e fortunata carriera, Dosso divenne ben presto il pittore favorito dei duchi di Ferrara vivendo tutta la sua vita alla corte degli Este, vale a dire in uno dei centri culturali più raffinati del mondo di allora. L’abbandonò soltanto in due occasioni, la prima per affrescare la Villa Imperiale a Pesaro al servizio della duchessa Eleonora di Urbino e la seconda per venire a Trento. Fra il 1531 e il 1532, infatti, insieme al fratello, Dosso fu impegnato nella decorazione di ben 19 ambienti del Magno Palazzo del Castello del Buonconsiglio. Si tratta di un ciclo della massima importanza anche perché gran parte degli altri interventi da lui realizzati sono andati perduti.

In quelle stesse sale è ora allestita una importante mostra che racconta lo straordinario percorso di questo eccentrico pittore del Rinascimento. Ideata dalla Galleria degli Uffizi di Firenze nell’ambito del progetto “La città degli Uffizi”, la rassegna propone una quarantina di dipinti di Dosso, di suo fratello e dei grandi maestri con i quali si rapportò. A Venezia apprende la lezione di Giorgione (in mostra c’è il “Suonatore di flauto” della Galleria Borghese), a Roma conobbe la maestria di Raffaello (in mostra alcune stampe da Raffaello di Marcantonio Raimondi), col suo amico Tiziano (in mostra il ritratto di un cavaliere di Malta proveniente dagli Uffizi) vi fu un costante colloquio artistico, a Ferrara incontrò Michelangelo (in mostra due magnifici disegni di Casa Buonarroti), a Roma studiò la Sistina. Tra i capolavori preme sottolineare l’enigmatico, magnifico dipinto “Giove pittore di farfalle” conservato nel Castello del Wawel a Cracovia.

Al Buonconsiglio i dipinti in mostra dialogano con gli affreschi del castello realizzati da Dosso per Bernardo Cles. Il principe vescovo aveva per lui assoluta ammirazione: Dosso arrivò a Trento preceduto da grande fama e venne pagato il doppio rispetto ai colleghi Fogolino e Romanino, anche loro impegnati a rendere magnifica la residenza principesca. La possibilità di allestire l’esposizione nelle sale del Castello stimola poi ad una revisione di delicati problemi storico artistici quali quello della collaborazione tra i due fratelli e a considerare come anche in Trentino Dosso trovò una committenza intelligente, stimolante, aperta e disposta ad accogliere le sue meravigliose creazioni che risentono e risuonano di storie sacre, mitologiche con il filtro dell’invenzione, delle conoscenze alchemiche, di una sottile vena di intelligente ironia e divertimento.

La rassegna è inoltre anche un modo per ricordare il legame che unì i Dossi alla città del Concilio: Trento fu infatti la città che diede i natali a Niccolò Lutteri, il padre di Dosso e di Battista, e dove visse prima di trasferirsi a Mirandola sul finire del Quattrocento.

Insieme al relativo catalogo (Silvana editoriale) la mostra, curata dallo storico dell’arte Vincenzo Farinella con Lia Camerlengo e Francesca de Gramatica, e coordinata da Franco Marzatico, arriva dunque a tracciare un inedito ritratto del grande pittore estense sia a monte che a valle dell’intervento nel Magno Palazzo. È aperta fino al 2 novembre, dalle 10 alle 18, chiuso il lunedì (eccetto nel mese di agosto). Info: 0461/239497, info@buonconsiglio.it.

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