Gino Tomasi, naturalista rispettoso

La sua produzione scientifica spazia nello scibile delle scienze naturali, con un attenzione tutta particolare per lo spazio alpino e montano

Ha lottato fino all'ultimo contro la malattia che lo perseguitava da tempo e si è spento a 87 anni senza poter offrire una sua riflessione sui fatti che in questi giorni tengono viva l'attenzione ed anche la polemica intorno all'orsa Daniza. Per la sopravvivenza dell'orso bruno del Brenta aveva speso anni di studi, ma anche tre tentativi, falliti, di ripopolamento con soggetti giovani e adulti nati in cattività o allo stato brado, nel 1959, 1969 e nel 1973.

Appare del tutto riduttivo, anche se si tratta di un capitolo importante, legare la figura di Gino Tomasi alla questione ursina. La sua produzione scientifica spazia nello scibile delle scienze naturali, con un attenzione tutta particolare per lo spazio alpino e montano. Il tutto ruota intorno al museo di Scienze di via Calepina a Trento, arricchitosi nella denominazione, che ha diretto con grande competenza per 27 anni, trasformandolo da piccola struttura di studio e museale, in organismo vitale per la comunità locale, in rete con le maggiori agenzie mondiali del settore. Non si mai è abbandonato all'ozio, neppure dopo la meritata pensione, frequentando quotidianamente Palazzo Sardagna come direttore emerito al museo, prima del trasferimento alle Albere, tra scartoffie, saggi e libri in tutte le lingue. In tale veste ha accompagnato il progetto del Muse fino alla sua completa realizzazione, manifestando sentimenti di vero compiacimento per i risultati via via conseguiti dalla sua inaugurazione poco più di un anno fa. Nel suo ultimo lavoro sulla storia del Museo dal titolo Per l’idea di natura del 2010, lo considera la risultante dell'intreccio innovativo tra discipline e saperi diversi: natura, scienza di base, e scienze ambientali, tecnologia, arte, e scienze umanistiche. Lo definiva un museo che ponendo il visitatore al centro del suo sforzo progettuale, mirava a divenire una forte attrazione per i residenti e per i turisti – in particolare per il segmento familiare – a svolgere un ruolo significativo a sostegno della formazione scolastica e, infine, a essere riconosciuto utile per iniziative rivolte all'educazione permanente.

Sentiva dunque quest'opera quasi come sua, in perfetta coerenza con il successore e realizzatore Michele Latzinger. Sempre affabile nei suoi rapporti con le persone, severo nel giudizio legato alla realtà concreta, agli effetti che un intervento sul territorio poteva provocare, memore dei principi di salvaguardia inseriti nel Piano urbanistico provinciale cui aveva collaborato, non mancava di dare i suoi consigli, o di stroncare un'iniziativa. Lo ha sempre fatto con grande passione, come risulta dai suoi numerosi interventi e dalla monumentale opera scritta, fatta di articoli per riviste specializzate, periodici, quotidiani, interviste e libri.

Tornando all'orso vale la pena considerare una sua raccomandazione in un'intervista al Trentino di un anno fa: “I rapporti tra l'orso e l'uomo – sosteneva – sono sempre problematici, l'orso può persino affezionarsi agli umani e ciò è ulteriore fonte di problemi, che si possono prevenire con la formazione e l'informazione. Ma non è semplice. Si può favorire la presenza la presenza degli orsi più mansueti, allontanando quelli più problematici. È un ripiego, dal punto di vista di un naturalista, ma anche l'unica soluzione possibile”. Parole che si scontrano con quelle di improvvisati esperti dell'ultima ora. Alla consorte signora Rita e alla figlia Valentina il più vivo cordoglio di tutta la redazione di Vita Trentina, che insieme a Strenna Trentina ha potuto contare, negli anni, dei preziosi contributi preziosi del dott. Gino.

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