Il “Mandarino” e il piccolo Eusebio

somm2: …un uomo imponente nei suoi quarant’anni: cammina spedito e sicuro, facendo ondeggiare l’ampia veste nera che indossa con orgoglio”.

Trento, autunno del 1654

La piccola processione procede lenta per la via Lunga e il chiacchiericcio di donne, uomini e bambini che camminano tenendosi per mano o a braccetto si confonde nell’aria con le esclamazioni di stupore dei molti curiosi raccolti in capannelli ai bordi della strada, attirati da quello spettacolo strano.

«E quelli chi sarebbero?»

«Ma non li conosci? Fanno tutti parte, chi più chi meno, della grande famiglia dei Martini, i mercanti di Trento che commerciano con mezza Europa…»

«E perché sono tutti in processione?»

«Lo vedi quel palazzo laggiù, a metà della via Lunga?»

«Ma non ci sono i gesuiti, là?»

«Certo: è il vecchio Palazzo da Povo, che la Compagnia ha acquistato per trasformarlo in un grande collegio!»

«E che affari hanno i Martini di Trento coi gesuiti?»

«Ma allora tu vivi fuori dal mondo, caro mio! Hai mai sentito parlare di padre Martino? Il gesuita che è missionario in Cina? Ecco, quelli sono tutti i suoi parenti che vanno a fargli visita!»

«In Cina? Un trentino… così lontano? E cosa ci fa, dall’altra parte del mondo?»

«Porta la Buona Novella come fanno tutti i missionari, ma dicono che sia così bravo a disegnare mappe geografiche da diventar famoso in tutto il mondo pubblicando libri di geografia che stanno insegnando agli stessi cinesi com’è fatta la loro terra!»

Borbottando sottovoce l’orgoglio di sapere che qualche trentino si sta facendo onore al di fuori dei confini della sua terra, i curiosi, passato quel piccolo corteo, fanno spallucce e tornano ognuno ai propri pensieri e alle consuete occupazioni. La processione, invece, giunta davanti al portone d’ingresso del Palazzo da Povo, ingombro di macerie, di assi e travi, viene accolta da un padre anziano che, vestito di nero, cerca di sporcarsi il meno possibile in quella casa che sta cambiando di faccia.

«Oh che bello, siete arrivati!» esclama il gesuita prendendo tra le sue le mani di un’anziana donna che, sostenuta da una ragazza sulla destra, guida la grande famiglia dei Martini di Trento, a cui si sono aggiunti anche lontani parenti provenienti da Mezzocorona. «Padre Martino sarà di sicuro contento di rivedere la sua famiglia dopo tanti anni di lontananza… e soprattutto» aggiunge il sacerdote con un sorriso, rivolgendosi a un ragazzino di non ancora dieci anni d’età, che se ne sta aggrappato alla sua giovane mamma Margherita, «sarà contento di incontrarsi coi più giovani della sua famiglia! Tu chi sei? Come ti chiami?»

Il ragazzino abbassa gli occhi intimidito da quella domanda inattesa, ma tira un lungo respiro e risponde d’un fiato: «Sono Eusebio Chini, di Segno in val d’Anaunia, ma adesso vivo a Mezzocorona… Sono un lontano nipote di padre Martino.»

Che un missionario inviato dal papa in Cina a evangelizzare quelle genti lontane e misteriose debba essere pure lui un tipo alquanto strano, la sua povera famiglia se ne rende conto non appena nel salone del primo piano, dove sono stati condotti dal gesuita che li ha accolti, fa il suo ingresso padre Martino Martini. È un uomo imponente nei suoi quarant’anni: cammina spedito e sicuro, facendo ondeggiare l’ampia veste nera che indossa con orgoglio. Ma quel che attira immediatamente l’attenzione e lo stupore dei suoi parenti è la lunga, folta e riccia barba nera, incollata a un volto dalla pelle chiara e pallida ma ravvivata e incendiata quasi da un paio d’occhi neri, acuti e indagatori.

Padre Martino viene avanti allargando sorridente le braccia e lasciandosi poi attorniare e abbracciare da tutti quei Martini accorsi a rendergli omaggio, alcuni dei quali però, specie i più giovani, gli sono completamente sconosciuti. «Questo è Sergio, il tuo cugino ultimo nato» gli sta dicendo la sua vecchia madre con voce tremante di commozione. «È figlio dello zio Giorgio ed è pure lui un mercante, come del resto quasi tutti i nostri maschi di famiglia! Questo invece è il piccolo Eusebio…» prosegue l’anziana donna presentandogli il bimbo che viene da Mezzocorona. «È il figlio di Margherita, una nostra nipote, che ha sposato Francesco Chini, un ricco proprietario terriero anauniese…»

Padre Martino a quel punto si disinteressa di tutti gli altri, prende Eusebio per mano, lo conduce a due poltroncine in un angolo della sala e lo invita a sedersi. «Ciao Eusebio! Come stai?»

«Bene, padre» risponde il ragazzetto con voce tremante.

«Te lo hanno detto, i tuoi genitori, da dove vengo?»

«Sì, venite dalla Cina…»

«È un posto bellissimo, la Cina, sai? Talmente grande che mai nessuno è riuscito a visitarla tutta, abitato da popoli che vestono, parlano e mangiano in modo strano, ma è gente molto istruita, con una storia ricca di conquiste e invenzioni e scoperte… Sarebbe bello se anche tu, un giorno, quando sarai più grande, volessi raggiungermi ad Hangzhou, la città dove vivo.»

«Oh sì, mi piacerebbe tanto, padre Martino!»

«E allora prendi questo piccolo regalo, Eusebio» sussurra Martino mettendo in mano al ragazzo una scatoletta tonda. «Questa bussola ti dirà sempre dov’è il nord e quindi, se saprai usarla bene, prenderai sempre la direzione giusta. Magari non ti porterà proprio in Cina, ma ovunque vorrai andare saprai sempre orientarti nelle scelte della vita. Hai capito, piccolo Eusebio?»

Il ragazzo esita a rispondere, attratto dal bel drago inciso sul piccolo coperchio. Poi si riprende e… «Vi ringrazio, zio, e vi prometto che questa bussola la porterò sempre con me!»

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