La città nei volti di Perghem Gelmi

E’ stato recentemente inaugurata la nuova collocazione del dipinto di Michelangelo Perghem Gelmi “Piazza Duomo nel giorno di San Giuseppe” nel cortile interno della sede della Cassa Rurale di Trento in via Belenzani. Il dipinto, commissionato dal Comune nel 1988, era collocato nel Giardino di San Marco ma, essendo purtroppo soggetto a vandalismi, è stato ricollocato e nel Giardino è stata sistemata una riproduzione fotografica in scala naturale (m 3 x 6) per mantenere memoria dell’originaria collocazione.

Michelangelo Perghem Gelmi (1911-1992) è stato uno dei personaggi e nello specifico degli artisti più eclettici attivi in Trentino nel secolo scorso. Sempre in anticipo sui tempi, è stato atleta, ufficiale della Regia Aeronautica, ingegnere civile, progettista, docente universitario in Italia e all’estero, attento viaggiatore, disegnatore, caricaturista e soprattutto pittore, ha percorso e interpretato il ’900 con una visione spesso ironica, moderna e affascinante, rivolgendo in particolare la sua attenzione al figurativo, al surrealismo e all’iperrealismo. Per interessamento in particolare del figlio Mario, negli anni molti dei suoi materiali sono stati donati all’Archivio del Novecento del Mart (quelli relativi alla sua attività di ingegnere), al Museo Diocesano Tridentino e alla Fondazione Museo Storico del Trentino (parte di quelli relativi alla sua attività di pittore, per il progetto Memoria della città).In effetti, come ebbe modo di affermare Maria Garbari, una fetta importante dell’opera pittorica dell’architetto-ingegnere Michelangelo Perghem Gelmi “rappresenta in modo lucido e coerente quello che la società trentina era o voleva essere, apparire, nella seconda metà del ’900, quando erano stati cancellati la stasi e i segni dovuti alla guerra. Ammirare i suoi quadri è come sfogliare le pagine della storia individuale e collettiva della provincia, tesa a darsi un ruolo ed un’identità sul piano dell’economia, della cultura, del prestigio sociale, del superamento della chiusura localistica. Di qui l’importanza di un’opera che vede i valori estetici farsi documento, narrazione e testimonianza”. A questo filone appartiene anche l’opera della quale si sta dicendo.

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