La paranoia del nemico

Il terzo approfondimento proposto dall'Associazione Culturale A. Rosmini sul tema della Grande Guerra

L’odio e il fanatismo crescente che hanno da sempre “motivato” gli uomini a massacrarsi tra loro in guerra è stato il tema di una conferenza, dal titolo “La costruzione del sospetto e del nemico”, svoltasi alla presenza di un folto pubblico all’Associazione Culturale “A. Rosmini” di Trento il 15 maggio scorso. Relatore il prof. Luigi Zoja, studioso e psicanalista junghiano di fama internazionale, il cui intervento si è inserito in un programma di approfondimento tematico sulla “grande guerra” che aveva già visto nelle settimane precedenti gli interventi degli studiosi Camillo Zadra, direttore del Museo della guerra di Rovereto, ed Emilio Gentile, docente all’Università “La Sapienza” di Roma.

Introdotto dalla presidente dell’Associazione, prof.ssa Lia de Finis, che ha sottolineato l’importanza di esaminare anche gli aspetti più nascosti dell’animo umano nello studio dei grandi eventi storici, il prof. Zoja ha iniziato esponendo il concetto di paranoico: colui che non parla e non discute, ma è convinto che l’altro sia un nemico, da accusare e combattere. Convinto che tutti gli vogliano del male e agiscano subdolamente nei suoi confronti, il paranoico non si fida di nessuno. E quando un paranoico diventa capo di stato… le conseguenze sono immaginabili.

Sintomi paranoici si sono manifestati anche nella prima guerra mondiale, soprattutto nel comando militare germanico che, preso da sindrome di accerchiamento, decise nell’agosto '14 di invadere il Belgio. In quel periodo, appena proclamata la guerra, in molte nazioni europee le persone si abbracciavano tra loro convinte, in un cieco entusiasmo, che la guerra sarebbe stata utile – e soprattutto breve.

L’idea di eliminare l’avversario e/o il diverso corrisponde ad un istinto animale di difesa; tuttavia, l’uomo ha una inibizione a massacrare i suoi simili. Una delle tecniche per persuaderlo a farlo è allora quella di criminalizzare gli avversari (o di “animalizzarli”, come fecero i nazisti nella loro propaganda antisemita negli anni Trenta e Quaranta).

Nonostante ciò, al fronte ci furono anche scene di solidarietà tra i soldati di eserciti nemici, come quando nel Natale del ’14 i soldati inglesi e tedeschi che combattevano sulla frontiera franco-belga uscirono dalle trincee per brindare tra di loro e giocare una partita di calcio, in una tregua spontanea delle ostilità – un tipo di tregua che verrà poi assolutamente proibito dagli alti comandi.

E il ruolo dei mass-media nel conflitto? Fu assolutamente negativo. Essi furono prevalentemente casse di risonanza del potere e della conseguente diffusione della paranoia e dell’odio per il nemico, aiutati in questo anche dalle censure militari presenti in ogni nazione.

In questo scenario drammatico, che ci auguriamo tutti non abbia più a ripetersi, il prof. Zoja ha indicato una “via di fuga”: quello di un pensiero autocritico e critico nella giusta misura, che consenta di mantenere un equilibrio nella visione delle persone e dei fatti.

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