Le visioni di Francesco

Uno dei lavori ammirati alla mostra collettiva “I segni del Sacro”, promossa dallo studio fotografico Claudio Rensi è stata donata dall’autore Paolo Tartarotti all’arcivescovo Luigi Bressan, che l’ha molto apprezzata. Si tratta di “Visioni di Francesco”, un tondo di 100 cm di diametro lavorato con smalti, resine acriliche e brani fotografici dedicato a Francesco d’Assisi. Trattandosi di un lavoro completato già nel 2010 l’artista si compiace di considerarlo quasi profetico pensando al nuovo papa Francesco che nel 2013 è stato eletto al soglio di Pietro per rinnovare la Chiesa.

L’opera si collega alle nuove ricerche di Tartarotti sulla pittura simbolista concepita come espressione concreta dell’idea, momento d’incontro e di fusione di elementi della percezione sensoriale con elementi spirituali. Nella parte superiore sofferte quanto intense pennellate d’oro campiscono il capo di un’elegante Vergine toscana trecentesca col Bambino. Nella parte sottostante, replicata più volte e campita in rosso sanguigno, sta una ben nota immagine di San Francesco affrescata da Cimabue. A figura intera, stante, il santo è scalzo, indossa il saio, ha un aspetto giovanile, una corta barba e la chierica. Fissando il fedele, mostra con evidenza i segni delle stimmate anche sul costato grazie a uno squarcio all’altezza del petto, vicino al libro che stringe a sé. I piedi sono elegantemente poggiati a terra, così naturali e diversi da quelli che Cimabue stesso dipingeva ad esempio nelle più rigide iconografie dei crocifissi.  Si tratta di un elemento della Maestà di Assisi, databile attorno al 1278–1280 circa conservata nel transetto destro della basilica inferiore di Assisi. Alla destra del Poverello campeggia  il sontuoso gruppo della Vergine col Bambino e angeli. I due gruppi figurativi si esaltano pacatamente nel contrasto della loro diversità: così elegante e fastosa la Maestà, così sobrio e remissivo il santo. L’opera di Paolo Tartarotti non è fatta per raccontare, descrivere o completare dall’esterno la realtà, bensì per penetrare in essa, per scoprirne, viverne e farne vivere le pulsioni, la carica vitale, i misteri, la forza e la poesia.

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