Tavolara in dialogo con Depero

In mostra a Rovereto un confronto tra l’artista sardo e il maestro trentino, alla ricerca delle similitudini tra due artisti che, negli stessi anni, superarono i confini tra i diversi linguaggi della creatività

“La politica culturale del fascismo si sviluppa tatticamente su un doppio binario”, scrive Manolo De Giorgi, nel catalogo in fase di preparazione della mostra “Tavolara e Depero. La Manifattura delle case d'arte”, allestita alla Casa d'arte futurista “Fortunato Depero”, a Rovereto. Il curatore dell'evento prosegue precisando che da una parte in nome della modernizzazione e del prestigio internazionale il regime non poteva che sostenere il nuovo astrattismo, ma dall'altra per far leva sull'egemonia della cultura italica puntava sull'aspetto identitario della tradizione storica e dell'artigianato. Era dunque un periodo favorevole per entrambi gli artisti.

Negli stessi anni, il sardo Eugenio Tavolara (Sassari, 1901-1963) e il trentino Fortunato Depero (1892-1960) portarono avanti una ricerca artistica e stilistica simile, seppur con differente prospettiva. È la prima volta che le loro opere vengono accostate. Non ci sono attualmente documenti storici che testimoniano un incontro tra i due artisti, che forse non si conobbero mai personalmente. Entrambi però furono presenti nel 1925 all'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi.

Casa Depero ha aperto le porte a tappetti, arazzi, animali scolpiti in legno, pupazzi e gruppi di figure dell'artista insulare. Si trovano la celebre “Cavalcata sarda”, esposta nel 1940 alla Triennale di Milano; la “Processione dei Misteri”, con 25 pezzi del 1928, che rappresenta la processione del Venerdì Santo a Sassari; e la “Mascherata sassarese” del 1937, un corteo di 32 pezzi, uomini vestiti da donna, suonatori in pelli di capra, baffuti contadini ingonnellati, di una straordinaria forza grottesca. Sono opere con materiale semplice, legno e feltro, ma la loro forza sta proprio nel gruppo, paiono camminare tutti insieme in queste rappresentazioni folkloristiche della vita sarda, come se fossero in un film. E sono anche molto espressivi.

Depero presenta invece i suoi oggetti, i suoi giocattoli e le sue marionette, permeati dall'estetica futurista con l'idea dell'uomo meccanico. Ma nonostante i concetti di movimento e accelerazione, tipicamente futuristi, le opere deperiane risultano più statiche di quelle di Tavolara. Dopo il periodo bellico, l'artigianato e l'oggetto folkloristico non ebbero sorte felice. Oggi invece “di fronte al banale globalizzato del prodotto industriale”, scrive Francesca Velardita nel catalogo, “l'impronta arcaica da tecno-etnologo di Tavolara può improvvisamente rivelarsi attuale”.

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