Un Tridentino che non immagini

L'impatto della Chiesa cattolica nei Nuovi Mondi a partire dal XVI secolo, segno di vitalità e inculturazione

Alla fine del 1563 si concludeva il Concilio di Trento, l’ultimo dell’età moderna che si era aperto, tra molte traversie e ripensamenti, nel 1545. Fu un evento epocale per le condizioni in cui era stato riunito, per la sua lunga preparazione e le sue interruzioni, per le decisioni che i padri conciliari si trovavano a discutere – a livello ecclesiastico come politico – dopo gli avvenimenti che avevano colpito l’Europa che aveva perduto per sempre la sua unità religiosa ed era sconvolta dalla guerre di religione.

Se il Concilio di Trento fosse stato convocato in risposta al mondo protestante o fosse stato una risposta interna alla Chiesa di Roma o, per dirla con le parole dello storico del Concilio Hubert Jedin, se fu Riforma cattolica o Controriforma, è una questione che ha a lungo occupato gli storici e la storiografia. Il XIX concilio ecumenico della Chiesa cattolica rispondeva all’ansia di rinnovamento di una Chiesa che comunque si sarebbe riformata e ripulita dagli abusi interni e avrebbe posto ordine nella sua dottrina, o era una risposta alle riforme protestanti e alle critiche da essi compiuti alla Chiesa di Roma? A leggere i decreti tridentini non ci sono dubbi nella risposta: tutto pare essere discusso, elaborato e deciso in relazione al mondo protestante, agli eretici e agli scismatici. Per rispondere a loro si disciplina il culto dei santi, le pratiche sacramentali, la residenza dei vescovi, e tutto ciò che, talvolta poi fallito nel corso della storia, è stato chiamato il “paradigma tridentino” e posto alla base della modernità.

Del tutto assente nei decreti tridentini, così come nelle lunghe discussioni conciliari, ogni riferimento ai Nuovi Mondi scoperti, alle Americhe come all’Oriente; nessun accenno alle popolazioni scoperte da Cristoforo Colombo o al Catai riscoperto dai missionari, alle loro religioni e superstizioni o ai loro sistemi politici che pur non potevano essere ignoti ai padri conciliari; scoperte che di lì a poco avrebbero rivoluzionato il mondo europeo mettendone in discussione le conoscenze, da quella scientifica e culturale sino ai suoi saperi biblici a partire dalla sua cronologia, troppo stretta per racchiudere la storia dell’intera umanità.

Ora i Nuovi Mondi sono riapparsi a Trento in seno alla grande conferenza internazionale organizzata dal 3 al 5 ottobre dalla Fondazione Bruno Kessler (Centro per le Scienze religiose e Istituto storico italo-germanico in Trento) a ricordare i 450 anni dalla chiusura del Concilio di Trento. Sotto la direzione del professor Adriano Prosperi, ricercatori interni della FBK e studiosi invitati da tutto il mondo (tra cui Wolfgang Reinhardt, Emidio Campi, Pierre-Antoine Fabre) hanno discusso e si sono confrontati sul tema “Trento and Beyond: The Council, Other Powers, Other Cultures” (“Trento e dintorni: il Concilio, altri poteri, altre culture”). Dietro il “beyond” molto più di una prospettiva spaziale: non solo un guardare alle terre lontane, ma un guardare “al di là”, esaminare e studiare cosa è stato il Concilio di Trento nelle terre nuove, cosa ne è stato di quei decreti – radicalizzati in Europa dalla Chiesa nelle scuole di dottrina cristiana, nella sua professione di fede e nelle sue strutture inquisitoriali e nei suoi tribunali – quando giunti con i missionari nelle Americhe portoghesi o iberiche, in Cina o in India. L’immagine della Chiesa di Roma arroccata a difesa della sua dottrina e in opposizione ai mondi riformati ne è uscita profondamente ridimensionata. I costumi e le tradizioni incontrate, i rapporti con i poteri politici, la possibilità che le nuove terre offrirono alla costruzione di un nuovo cristianesimo che per spazi geografici ora si poteva davvero chiamare universale, aprirono la Chiesa tridentina alle esigenze pratiche dell’accomodarsi e adattarsi. La varietà e ampiezza degli interventi presentati alla conferenza hanno offerto dunque una chiave interpretativa, talvolta sorprendente, dei modi variegati e complessi in cui la Chiesa cattolica si è pensata universale.

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