Luci della città

Il vicario di zona don Claudio Ferrari evidenzia l’abbondanza di proposte presenti in città ma anche la fatica di fare insieme le scelte prioritarie.

Somm.2: “Spesso ci manca il tempo di fermarci a pensare. E sarebbe già un bel risultato della Zona pastorale]

Tutti i cristiani della città per la prima volta insieme sotto lo stesso tetto. L’aula circolare della chiesa di San Pio X proporrà sabato 17 novembre la fotografia mai vista delle 45 parrocchie di Trento e dintorni convocate dal vescovo per l’Assemblea di zona. Comprende anche le comunità collinari dell’ex decanato di Povo e quelle del decanato di Mattarello con la propaggine dell’Unità pastorale della Vigolana. Un perimetro ecclesiale nuovo? “Sì, in altre parti del Trentino il riferimento alla zona pastorale risulta forse più facile – riflette don Claudio Ferrari, parroco di Gardolo, Canova, Meano, Vigo Meano, Gazzadina, nonché vicario di zona – per l’esistenza di un centro principale in cui già si convergeva per alcune iniziative. Da noi invece finora era più avvertita la dimensione decanale o di settore (nord, centro e sud della città, n.d.r.), ma soprattutto quella parrocchiale. Alcune comunità molto popolose hanno dovuto gestirsi sempre in modo quasi autosufficiente”.

Dire città non significa appartenenza ad un’unica realtà? “Eh no, infatti. Dal punto di vista pastorale nella nostra ampia Zona – un quarto degli abitanti della diocesi, da Sopramonte a Vigolo Vattaro – c’è una forte disomogeneità che si riflette nella vita ecclesiale. C’è il centro storico sì, ma anche periferie con alcune situazioni di disagio. E poi i sobborghi di recente sviluppo e alcuni centri rurali che hanno mantenuto un’anima di piccolo paese, attaccato alle proprie tradizioni anche religiose”.

Cosa “chiedere” allora alla nuova Zona? “L’Assemblea del 17 non darà risposte, ma sarà l’avvio con un passo nuovo. Così ci siamo detti nella commissione preparatoria con i laici; è importante intanto far crescere la conoscenza reciproca e quindi la comunione. Talvolta si ignora quanto viene portato avanti nelle comunità vicine. Un primo risultato è la determinazione a ritrovarci ogni due mesi come parroci per una giornata di scambio, ritiro spirituale e condivisione di idee”.

A proposito don Claudio osserva come Trento – grazie alla presenza di centri culturali e istituti teologici – abbondi di iniziative formative e molti cristiani vi partecipano anche se fuori dalla propria comunità. Per i giovani, ad esempio, ogni mese chiama l’Arcivescovo per “Passi di Vangelo”, per gli adulti vi sono anche altre opportunità di volontariato, di servizio sociale o di formazione spirituale.

Il futuro prossimo? Se la città invecchia, anche le risorse umane vengono meno nelle parrocchie e quindi l’unione delle forze è decisiva. A Trento nord già ora vi sono due parroci per nove parrocchie e, aggiunge don Claudio, “noi due non staremmo in piedi se non avessimo l’aiuto dei collaboratori pastorali, dei religiosi e delle religiose. Ma anche il loro numero sta calando, s’impone l’urgenza di scelte condivise. Penso ad esempio a varie strutture che possono essere un “peso” e dovranno essere destinati ad altri scopi validi. A Canova per esempio nei locali della canonica si fa accoglienza”.

Don Ferrari vede la Zona pastorale come l’orizzonte nel quale favorire un discernimento comune. “Oggi ci manca spesso il tempo per fermarsi e valutare quanto si sta facendo, per decidere insieme le priorità. Se gli incontri di Zona servissero almeno a questo, avrebbero già reso un buon servizio”.

E fra le priorità in cui il tessuto cittadino interroga la comunità cristiana c’è naturalmente la povertà: “Un’iniziativa che ha coinvolto tante parrocchie della città a rotazione, favorendo quindi il coordinamento, è la gestione del servizio mensa domenicale – osserva don Claudio – così come il Fondo decanale di solidarietà per andare incontro alle situazioni di difficoltà, che però dovrà essere rilanciato”. Eppure il vicario di zona non teme di rilevare che “siamo ancora lontani da quanto ci chiede il vescovo: ovvero di essere comunità che vivono la carità e non che la delegano ad alcune persone. Lo sforza va quindi proseguito e incoraggiato”.

Anche se nato in riva all’Adige e cresciuto all’ombra del Duomo, don Claudio non si perde in analisi sociologiche; preferisce guardare ai volti e alle storie dei suoi parrocchiani. “E non sempre riesce immediato perché in città risulta più difficile riconoscersi anche come comunità in un territorio definito; c’è molto pendolarismo e ci sono anche persone che vengono da fuori e, per fortuna, prendono parte attiva alle nostre celebrazioni o alle nostre attività”.

Di una cosa, però, il pluriparroco di Trento è certo: “Nei prossimi anni la situazione delle nostre comunità cambierà in modo radicolare e quindi ci sarà bisogno di trovare insieme qualcosa di adatto, di rivoluzionario, mi verrebbe da dire pensando anche alla forza del Vangelo”.

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