Pastorale urbana, più fatiche che gioie

Che cosa è “centro”, che cosa è “periferia”? Sono due categorie che non reggono più nemmeno a livello ecclesiale. E la città capoluogo ne è la dimostrazione, se è vero che alcuni rioni del nucleo storico oggi appaiono senz’anima – uffici e negozi, con pochi anziani – vicini a quel processo che lo storico Andrea Riccardi definisce “periferizzazione dei centri storici”. Al contrario, alcuni sobborghi presentano ancora una fisionomia paesana e rurale, altri invece si trovano ad affrontare problemi d’integrazione con i nuovi arrivati.

Risulta improprio nel caso di Trento parlare in modo generico di “pastorale urbana”, una prospettiva che sta avendo successo per l’utilizzo che Papa Bergoglio ne fa in riferimento agli agglomerati latinoamericani, sviluppata dal teologo argentino Carlos Maria Galli nel fortunato volume “Dio vive in città”.

Alcuni fenomeni sono innegabili. La mobilità che cambia ogni giorno gli abitanti delle vie cittadine e che a Trento vede ogni mattina un numero di pendolari vicino 35 mila proveniente da altri Comuni, che ripartono nel pomeriggio: un quarto della città, insomma, va e viene nei giorni feriali. Come non tener conto poi della mobilità studentesca, su e giù dalla collina, pure in un continuo turn over. E ancora, la presenza degli ospedali, città nella città.

L’anonimato, che vuol dire non conoscere la storia delle persone e il volto reale di una comunità, rende faticoso ogni tipo di annuncio: lo sanno bene i catechisti quando devono invitare i bambini all’iniziazione cristiana o i parroci nelle occasioni “favorevoli” dei funerali, dei battesimi e dei matrimoni (sempre più rari). I dati demografici parlano di una città dai capelli bianchi, dove non si odono purtroppo i lamenti della solitudine e gli sforzi per prendersi cura dei parenti ammalati.

Riuniti finalmente in un’unica Zona pastorale operativi, gli ex settori della pastorale cittadini, più i decanati ormai ex di Povo e Mattarello, sono chiamati a inventare il futuro. A far leva sulla gioia di riscoprirsi uniti nella sequela di Gesù di Nazareth per vivere la carità nei servizi di prossimità e l’annuncio in piccoli gruppi che diventano significativi. Forme nuove, magari anche “di strada”, in cui l’apertura del sagrato diventa segno eloquente. Come avevano scritto le “sette sorelle” – le parrocchie cittadine del centro – le comunità cristiane devono sapersi alleare sempre di più fra loro ma anche con le altre realtà del territorio; una città più dialogante e più coesa – nonostante innegabili problemi di convivenza – sarà una città aperta a tutti.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina