Elisa, le amiche e il Sudoku

Cinquant'anni di matrimonio “davvero felici”, anche se resta indelebile il ricordo della guerra: “Mi mandarono in campo di concentramento ma riuscìì a scappare”

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Sente il conforto di qualche bella amicizia, nella consapevolezza di poter essere lei stessa d'aiuto agli altri. Sono novant'anni ancora sereni quelli di Elisa Della Vedova – valtellinese di nascita, trentina d'adozione – che ha attraversato (come tutti) anche un suo periodo terribile, la strettoia di una vita. E' stato il 1944, in piena guerra, lei era una diciottenne amante della vita e di una libertà troppo presto violata.

Viveva a Tirano, cittadina lombarda a due passi dal confine con la Svizzera, e doveva praticare il contrabbando per dare una mano in famiglia. “Un brutto giorno mi hanno arrestata. Mi hanno scoperto mentre insieme ad altre ragazze portavamo caffè e zucchero di contrabbando oltre il confine svizzero. Ci hanno mandato in Germania in un campo di concentramento. Ci facevano lavorare in una fabbrica che confezionava armi. Eravamo tutte donne, anche le nostre carceriere erano donne, perché i maschi erano al fronte. Finalmente, sono riuscita a scappare”.

Come ha fatto, Elisa? “Di notte. Sono riuscita a superare la recinzione del campo senza farmi vedere dalla guardia”. E poi? “Poi via a piedi, sempre di notte, oppure salendo sui treni di passaggio e rifugiandomi nei gabinetti. Quando il controllore bussava, rispondevo in tedesco che era occupato, che sarei uscita subito…e così sono arrivata fino in Austria e poi a Verona”.

Dall'anno più brutto alla cinquantennale storia d'amore che ha cambiato la sua vita e che l'ha portata dalle montagne della Valtellina a quelle del Trentino. “Dal giorno in cui mi sono sposata la mia vita è cambiata. E posso dire che sono stati cinquant'anni molto felici… purtroppo mio marito è morto poche settimane dopo le nostre nozze d'oro. Si chiamava Deris, Deris Altieri”.

Ma dove vi eravate conosciuti? “Tutto merito di una mia amica, collega di lavoro durante i sei anni d'emigrazione in Svizzera, nelle fabbriche di Canton Vaud, un cantone francese, dove si facevano orologi”.

Fino ad allora non aveva mai sentito parlare di Trento, non sapeva nemmeno dove fosse sulla carta geografica. “Quest'amica m'invitò a passare una settimana di vacanze a Trento, in città. Il mio futuro marito in quelle giornate m'accompagnò in qualche passeggiata al lago di Caldonazzo: io ero molto sportiva, mi piaceva nuotare… ci siamo conosciuti lì. Poi sono tornata definitivamente dalla Svizzera e ci siamo sposati nella chiesa di San Giuseppe, vicino ai Casoni”.

Vive da sola da 14 anni, Elisa, ma non si sente sola. Da Melta di Gardolo scende in centro città a fare una partita a carte con le amiche – ogni giuoco va bene – ma il mercoledì non si perde la tombola a Gardolo e il giovedì quella dei Solteri. “Finchè la testa funziona…” aggiunge ed è sorprendente la concentrazione e la facilità con cui rivolve l'ennesimo gioco d'enigmistica: “Dicono che il Sudoku sia facile, ma non si arriva mai in fondo…” commenta con aria di sfida.

L'occhio corre all'orologio, forse proprio uno di quelli che aveva fabbricato in Svizzera: “Tra pochi minuti devo prendere l'autobus perché vado a trovare una mia amica. È in ospedale ed ha tanto piacere di vedermi….Poi tornerò a casa come ogni sera… alle sei sono già a letto, ma spesso fino a mezzanotte non mi addormento, guardo qualche film alla televisione”. E il telegiornale? “Quando parlano male, di cose brutte, non mi piace proprio…” risponde, nella vita merita puntare soprattutto sulle cose buone. “Intanto ringrazio il Signore, che mi lascia ancora qui…”.

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