“La vittoria? Nasce dalla follia…”

Organizzato dai Comitati Provinciali di Trento e Bolzano della FIPE, si è tenuto nella sede del CONI a SanbàPolis, il seminario “I processi dell'organizzazione sportiva: dalla gestione del gruppo alla prestazione”

“Proprio come i poeti, i più grandi e straordinari folli che conosciamo, anche gli atleti che vincono non sono normali, ma borderline. Non fanno cioè uso della ragione, che non è mai creatività, bensì della follia. Sta al tecnico – quando si rapporta con chi vuole superare un limite, non necessariamente sportivo – capire come stimolare questa creatività, come intercettare questo desiderio e come trasformarlo in allenamento”.

Lo ha detto il presidente della Federazione Italiana Pesistica e dell'European Weightlifting Federation, Antonio Urso, intervenendo al seminario “I processi dell'organizzazione sportiva: dalla gestione del gruppo alla prestazione”, che – moderato da Luigi Capaldo, delegato della FIPE regionale promotrice del workshop – si è svolto nelle scorse settimane a Trento, nella sede del CONI.

Il ritorno all'uomo. “La parte ultima di questo processo non è il metodo d’allenamento, che anzi è la più semplice. Se il problema fosse questo, per risolverlo basterebbe comprare il famoso libro di Jürgen Weineck, ‘L’allenamento ottimale’. Leggendolo, si imparerebbe in uno o due mesi”, ha spiegato Urso, trattando il tema “Un ritorno all’Uomo: la PNPA (Psico Neuro Programmazione dell’Allenamento)”. “Il metodo va invece inglobato in un processo organizzativo, con al centro la persona. Persona che escludiamo completamente tutte le volte che facciamo un processo deduzionistico cartesiano. Il quale, però, non funziona più né in ambito sportivo né scolastico”.

La psiche. Un atleta che va in palestra non è solo un portatore di muscoli, ma anche di psiche ed emozioni. “Uomini e donne hanno psiche diverse e richiedono approcci totalmente differenti. Io stesso in passato, più di vent’anni fa, da allenatore della Nazionale femminile di pesistica, ho commesso errori madornali, dei quali ancora oggi, quando le rivedo, chiedo scusa alle mie ex atlete”, ha ammesso Urso, pluricampione italiano tra il 1977 e l’89. “Non c’è una sola cosa buona che io abbia fatto, sebbene qualche medaglia sia arrivata lo stesso. Ma avremmo potuto vincerne di più. Mi rimprovero, ad esempio, di aver utilizzato una comunicazione prettamente maschile, di non aver mai considerato il ciclo mestruale e di aver sempre dato una motivazione guerriera tralasciando l’aspetto relazionale, tipico invece della donna”.

Il concetto mente/corpo. Degli errori dell’omologazione trasversale ha parlato anche il presidente dell’Associazione Psicologi Tecnici Sportivi, Francesco Riccardo.

“L'allenamento individualizzato è rivolto a una macchina, ma, se io devo fare una pianificazione medio-lunga, devo rivolgermi all'individuo e non alla macchina. Questo per prevenire tutto quello che mina la prestazione”, ha affermato lo psicologo clinico-psicoterapeuta, che è anche maestro di karate oltre che collaboratore FIPE e FIBa (Federazione Italiana Badminton). “Bisogna lavorare sul concetto mente/corpo, che non può essere diviso. All'interno di un rapporto allenatore/atleta entrano in gioco, da ambo le parti, personalità, comunicazione, stress e coping, termine inglese traducibile con strategie di adattamento”.

Questo discorso vale pure per il mondo della scuola, affrontato durante il convegno ascoltando la lectio magistralis “L'ora di lezione”, tenuta a Padova, nell'ottobre 2014, dallo psicoanalista, saggista e accademico Massimo Recalcati, critico nei confronti dell'istruzione. Concepita oggi, a detta del professore milanese, secondo un paradigma informatico.

Il bravo insegnante. “Un bravo insegnante è colui che sa lasciare un segno, un’impronta. L’incontro con un maestro (e, di riflesso, con un tecnico, istruttore o formatore, estendendo il ragionamento allo sport, ndr), che è un incontro d’amore, ci mette in movimento verso il sapere, ma, all’allievo, anche il maestro deve mostarsi amante del sapere e non come colui che lo possiede”, sostiene Recalcati nel video della lezione trasmessa integralmente. “La figura del maestro ha innanzitutto lo scopo di preservare il vuoto e, portando il fuoco della parola, di accendere e mettere in movimento la vita ed il pensiero dei suoi allievi. Ma un bravo insegnante è pure colui che sa inciampare, che non ha paura dell’inciampo”. Attraverso il quale il maestro insegna che il limite del sapere non circoscrive esternamente il sapere, ma lo attraversa da parte a parte. Il maestro, in altre parole, è custode dell’impossibile.

“È il dramma anche dello sport. Se noi avessimo il limite di tutti i limiti, non perderemmo tempo. Invece il tecnico si innamora del talento, imbrigliandolo. Mentre al centro, come abbiamo detto, vanno messe sempre la persona e la sua crescita. Perché l'uomo, senza altri uomini, non esiste”, ha chiosato Urso.

I corpi in libri. Ma ogni bravo insegnante, riprendendo Recalcati, è soprattutto colui che sa trasformare a suo modo – in un modo ogni volta particolare – il libro in un corpo, accendendo il desiderio. E, per effetto di questa trasformazione, accendendo l’amore, i corpi in libri. Da trattare “leggendoli” con tempo, cura, attenzione alla virgola e rispetto della pagina.

“È una visione dell'istruzione e, per trasposizione, dello sport che condivido. La bellezza del fuoco, alla quale fa riferimento Recalcati, è la fiamma olimpica. L'inciampo sono, invece, le difficoltà che trovano gli atleti nel corso della loro carriera. E sottoscrivo ogni parola anche sulla trasformazione dei corpi in libri”, ha affermato in chiusura la presidente del CONI di Trento, Paola Mora.

La quale ha ricordato come la pesistica sia stata una delle prime discipline a regalarci una medaglia olimpica (al seminario era presente pure il meranese Norberto Oberburger, oro ai Giochi di Los Angeles '84 ed oggi direttore tecnico della FIPE di Bolzano) e come sia trasversale a tutti gli sport, dal momento che tutti gli sportivi fanno allenamento con i pesi.

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