“Non esiste ‘la’ telecronaca”

Come è cambiato il mestiere di raccontare lo sport? Lo spiegano i due telecronisti Rai Stefano Bizzotto e Franco Bragagna. Taccuino e contatti personali fanno la differenza anche al tempo di Internet

“Non esiste 'la' telecronaca. Esistono tante telecronache e tanti modi di raccontare l'evento. Una gara di atletica non sarà mai una partita di hockey su ghiaccio. Ma la conoscenza della materia ci deve essere sempre”. E’ una delle tante considerazioni espresse dal noto telecronista sportivo Stefano Bizzotto, intervenuto in qualità di relatore, insieme all'altrettanto popolare collega Rai Franco Bragagna, al corso di formazione per giornalisti “L'evoluzione della telecronaca: come cambia il mestiere di raccontare lo sport”, che si è tenuto nei giorni scorsi a Bolzano, la loro città natale (per Bragagna d’adozione).

60 MILIONI DI TELECRONISTI

“Io sono un autodidatta. A suo tempo feci solo una parvenza di corso per telecronisti a Roma, saltando più della metà delle lezioni. In Italia non ci sono soltanto 60 milioni di commissari tecnici, ma anche 60 milioni di telecronisti”, ha sottolineato il 58enne Bizzotto, giornalista da quasi quarant'anni, i primi undici dei quali per la carta stampata. “Il mio modello di riferimento è stato Carlo Nesti, con il quale ho lavorato nel 1994, quando, all'ultimo momento, venni aggregato alla squadra Rai per i Mondiali statunitensi. Per me fu come fare la patente e guidare subito una Ferrari”.

La telecronaca che gli è rimasta più impressa è, però, quella del leggendario Nicolò Carosio nella finale della Coppa dei Campioni 1969, Milan-Ajax. “Mi colpì il suo racconto asciutto, piatto, fatto di tante pause, senza la 'sudamericanizzazione' di oggi. A quei tempi, infatti, la caratteristica era il silenzio”, ha ricordato Bizzotto. “Del resto, è il radiocronista che deve parlare, il telecronista può, anzi, deve, fermarsi. A coprire il silenzio ci sono i rumori di fondo, che arricchiscono, e non poco, la telecronaca. Che deve essere ricca di particolari, ma senza esagerare”.

L'importante è evitare frasi del tipo “le immagini parlano da sole”. “Meglio sottolinearle senza entrare nel dettaglio. Ed evitare silenzi come quello che, nel 1983, mi capitò di ascoltare alla televisione tedesca ZDF, quando, per sentire il nome del primo giocatore, dovetti aspettare 23 minuti”, ha puntualizzato Bragagna, padovano di nascita ma bolzanino d'adozione, classe 1959, voce Rai nelle più importanti manifestazioni internazionali, soprattutto di atletica leggera e di sci nordico.

LA SCORCIATOIA INTERNET

Fonte di informazioni, al giorno d'oggi, tra siti web e social network, è anche Internet. “I miei canali privilegiati, tuttavia, rimangono due: archivio e contatti personali. Il contatto umano è sempre fondamentale”, ha spiegato Bizzotto. “Internet è la più formidabile scorciatoia per arrivare alla meta. Ma prendiamo, per esempio, l'enciclopedia online Wikipedia: serve solo se, prima di riportare determinate informazioni in essa contenute, si fanno verifiche incrociate”.

“Da questo punto di vista, è assai meglio Wikipedia Deutschland: è raro che contenga notizie inesatte. Ma la conoscono in pochi. L'italiano e il tedesco, oltretutto, sono lingue con più sfumature di significato, che si prestano al racconto”, gli ha fatto eco Bragagna. “Per il telecronista, il taccuino o il pezzo di carta su cui annotare un episodio che si vuole sottolineare contano ancora. Non esiste 'la' telecronaca, ma qualche paletto ci vuole”. Bisogna saper trovare quelle informazioni che aggiungono davvero qualcosa.

Per le telecronache di calcio, la Rai ha stipulato un contratto con il sito di statistiche “Opta Sports”, grazie al quale è possibile reperire le informazioni da dare senza perdere di vista la partita. “Ne bastano 10 o 15, che io prendo collegandomi con il mio tablet. Prima di tutto, però, utilizzo una personale minischeda di giocatori, allenatori e squadre”, ha spiegato Bizzotto. “Due devono essere le parole chiave: conoscere, anche la storia degli stadi, e riconoscere, soprattutto i giocatori. Cosa che oggi – con i numeri fissi, 18 telecamere e 42 replay – è molto più semplice di una volta”.

LINGUAGGIO SEMPLICE

Semplice deve essere pure il linguaggio da utilizzare. “Bisogna parlare in modo semplice, affinché tutti possano capire ed essere partecipi. L'utente medio è molto più informato di quello di 30-40 anni fa. Meglio evitare troppi anglicismi e quello che io chiamo il 'covercianese', ovvero il modo di esprimersi degli allenatori usciti dal Centro Tecnico Federale di Coverciano”, ha affermato Bizzotto. “Un po' di didattica, semmai, va fatta per gli sport di nicchia. Il vecchio maestro Rino Icardi mi rimprovera ancora adesso se non dico il coefficiente di difficoltà di un tuffo”.

Di Icardi, la cui cultura sportiva non è solo legata all'ippica, ha parlato anche Bragagna: “Cito una sua frase, che mi è rimasta in mente: 'Cos'è una cronaca? Un pezzo di vita che scorre, se la fate in diretta'. E lo sport si presta meglio di tutti al racconto di cronaca”.

Basta che a parlare non siano in troppi. “Fra telecronista, commentatore tecnico (Paolo Tramezzani ed Alberto Bollini i suoi preferiti, ndr) e due bordocampisti, oggi la telecronaca sembra un autobus all'ora di punta. Bisogna evitare i rischi di sovrapposizione. Anche per questo dicevo che 'la' telecronaca non esiste, ma esistono dieci modi diversi di raccontare l'evento”, ha ribadito Bizzotto.

Evento che si può raccontare evitando sia la telecronaca urlata sia quella distaccata. “Il ben parlare è come il bello scrivere, ma con il vantaggio del tono di voce. I picchi di voce sono fondamentali per raccontare l'avvenimento”, ha fatto presente Bragagna. “Il radiocronista può addirittura inventare, mentre il telecronista non deve vendere il prodotto e deve essere distaccato quando non c'è la notizia”.

(a cura di)

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