Europarlamento, avanzano gli “Eurocritici”

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Avanzano gli euroscettici, ma il Parlamento di Strasburgo resta a maggioranza europeista. In attesa dell’ufficializzazione dei risultati provenienti dai 28 Stati membri, l’emiciclo dovrebbe avere tre quarti dei seggi ripartiti tra Popolari, Socialisti e democratici, Liberaldemocratici e Verdi. Questa la ripartizione dei seggi (fonte: TNS/Scytl in collaborazione con il Parlamento europeo; fra parentesi la percentuale di voti presi): PPE – Partito Popolare Europeo (Democratici-Cristiani) 213 Eurodeputati (28.36%), S&D- Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo 190 Eurodeputati (25.30%), ALDE – Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Europa 64 Eurodeputati (8.52%), I Verdi/Alleanza libera europea 53 Eurodeputati (7.06%), ECR – Conservatori e Riformisti europei 46 Eurodeputati (6.13%), GUE/NGL – Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica 42 Eurodeputati (5.59%), Non iscritti – Membri non apparentati ad alcun gruppo politico 41 Eurodeputati (5.46%), EFD – Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia 38 Eurodeputati (5.06%), Altri – Neoeletti senza appartenenza a un gruppo politico del Parlamento uscente 64 Eurodeputati (8.52%). Ciascun gruppo politico dovrà essere composto da 25 eurodeputati provenienti da almeno 7 Stati membri.

Le forze che si rifanno a programmi nazionalisti o eurocritici ottengono un discreto risultato, ma non dovrebbero avere più di 130-140 seggi. La nuova composizione dell’Assemblea necessita fra l’altro dell’iscrizione, che avverrà entro fine giugno, dei singoli eurodeputati ai gruppi politici presenti al Parlamento Ue; occorre inoltre verificare se ci sarà la creazione di nuovi gruppi. Nel frattempo i Popolari, prima forza all’Europarlamento, pur fortemente ridimensionati (perderebbero una sessantina di seggi), reclamano la carica di presidente della Commissione con il loro candidato, Jean-Claude Juncker: “Il Ppe ha vinto queste elezioni, e io sono pronto ad accettare il mandato di presidente della Commissione”.

Fra i dati che emergono dalle elezioni europee figura quello dell’affluenza alle urne, di poco superiore al 43%: dal 1979 è la prima volta che l’astensionismo non cresce. Nei commenti che si raccolgono a Bruxelles si riconosce che hanno giocato un ruolo importante in questo senso gli stessi partiti euroscettici, i quali avrebbero posto al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica la “questione europea”. Questo elemento, assieme ai risultati del voto e alle prossime trattative per l’elezione del presidente della Commissione, saranno al centro della prima riunione della conferenza dei capigruppo all’Europarlamento, fissata per il 27 maggio. Sempre domani si svolgerà la riunione informale dei 28 capi di Stato e di governo per un’analisi del voto. Intanto Martin Schulz, candidato Pse alla successione di Barroso, riconosce che il Ppe, avendo la maggioranza in emiciclo, deve avviare le trattative per la presidenza della Commissione. “Ma – avverte – anche io assumerò l’iniziativa per formare una maggioranza” diversa da quella che ha in mente Juncker. “Basta – aggiunge – con la logica basata sul calcolo matematico, è ora di cominciare con il calcolo della politica”. Di possibile “maggioranza alternativa” parla anche Guy Verhofstadt, liberaldemocratico, mentre la verde Ska Keller dice: “Valuteremo i programmi ambientalisti dei diversi” aspiranti alla presidenza dell’Esecutivo.

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