Olivetti, l’utopia a tre voci

Se hai tenacia e voglia di fare, e magari hai un'idea e hai il coraggio di "tirarla" come un sassolino dopo averla messa nella tua fionda, i cerchi nell'acqua si allargano, le intuizioni volano, ma poi attecchiscono e cambiano le cose. E se non sei capace di riparare la gomma della tua bicicletta ma hai un amico che ti insegna come si fa, impari fin da bambino che ognuno ha talenti diversi e mettendoli insieme nasce "Il sogno possibile". Il sogno di chi sa trasformare in realtà le sue idee e coltiva la speranza nel cambiamento.

È quanto dimostra la storia di Adriano Olivetti, il più grande utopista italiano del '900, messa in scena in un applauditissimo atto unico sul sogno di Adriano Olivetti di creare un'impresa dal volto umano di Laura Curino e Gabriele Vacis, regista dello spettacolo teatrale, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, portato al Teatro Cuminetti sabato 24 settembre a Trento dalla casa editrice Il Margine in collaborazione con il Coordinamento Teatrale Trentino e il sostegno della Presidenza del Consiglio provinciale che ha aderito al progetto "Utopia500".

In "Adriano Olivetti. Il sogno possibile", un uomo – non solo industriale illuminato e mecenate, ma filosofo, editore, pensatore umanista "rinascimentale" – viene raccontato con sensibilità, maestria tecnica e fisicità – con cambi di registro e toni della voce, movimenti e gestualità che si alternano e si incastrano alla perfezione – da tre donne, le attrici Laura Curino, Mariella Fabbris e Lucilla Giagnoni, che hanno tenuto sapientemente il palco per un'ora e mezza rievocando le tappe principali della vita di Olivetti e regalando al pubblico che ha riempito il Cuminetti – e molti sono rimasti fuori – intensi momenti di poesia alternati ad altri di pura comicità.

Impossibile raccontare tutto, ma c'è tanto da scoprire e imparare e la storia di Adriano Olivetti incuriosisce e cattura dall'inizio alla fine mentre si susseguono aneddoti di vita famigliare, ricordi, intuizioni, cambiamenti, letteratura, rivoluzioni al ritmo incalzante dei sogni, tanti quanti le lettere di una macchina da scrivere, e attraverso il caleidoscopio scoppiettante dei personaggi che hanno popolato un palco essenziale nella scenografia – tre sedie – ma denso di emozioni grazie all'interpretazione di Curino, Fabbris e Giagnoni, capaci di dare umanità, corpo e vita ad una personalità così ricca e poliedrica.

Il ritratto emerso nel descrivere la storia umana, intellettuale e imprenditoriale di Olivetti e le vicende storiche di un Italia più ricca di speranza negli anni del boom economico, è qualcosa di più della storia di un uomo che credeva in un sogno e quel sogno l'ha realizzato: è la vita di un uomo che "ha portato in salvo le domande" – è possibile essere capitalisti e rivoluzionari?, l'industria può darsi fini che non siano solo i profitti? -, e che ha guidato la Olivetti verso gli obiettivi dell'eccellenza tecnologica e dell’innovazione coniugando forza e bellezza e realizzando un miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti che cambierà radicalmente il modo di intendere e vivere il lavoro in fabbrica.

Le voci delle attrici si sono spesso composte e scomposte in assoli, duetti e terzetti, creando un canto corale – a tratti nostalgico e malinconico -, perché quella di Olivetti è anche la storia di tante persone, di una città intera, Ivrea, centro di un laboratorio permanente di sperimentazione sociale ed economica osservato da tutto il mondo, e se poi questa esperienza si è esaurita ed è prevalso "il sentimento della dimenticanza di Ivrea", non significa che le energie che la muovevano non possano di nuovo essere messe in moto. Proprio per questo Laura Curino ha scritto "un testo sulla dimenticanza che spera di essere scintilla di memoria collettiva", un invito a "smuoversi", partendo dallo stare in relazione, dialogando e mettendo ognuno in campo competenze che possono innescare nuove progettualità. Invito dolcemente espresso al termine dello spettacolo sulle note di "Nel blu dipinto di blu" e ribadito nel saluto del Presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti: "Viviamo un tempo di crisi non solo economica ma di idee, di futuro, di utopie. Bisogna guardare oltre come ha fatto Olivetti, uomo di cultura e di visione che mise al centro un'idea dell'uomo, del lavoro e della fabbrica improntata a quella umanità capace di sognare e di costruire insieme la comunità che dobbiamo ritrovare".

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