Anoressia, e la periferia?

Nel dibattito promosso da Arca l'esigenza di ampliare i servizi sul territorio trentino

"Sono malata da 25 anni, non posso dire di essere totalmente guarita, ma sto meglio mi ritengo fortunata perché sono riuscita a costruirmi una famiglia con due figlie". La testimonianza toccante di Daniela Bonaldi ha segnato venerdì scorso al Muse l'incontro "Oltre l'immagine. Disagio adolescenziale e disturbi del comportamento alimentare", organizzato dall'Associazione ARCA con il sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Trento e Rovereto. "Quando mi sono ammalata – ha raccontato questa donna che ha trovato il coraggio di chiedere aiuto – avevo 16 anni. A Trento non esisteva ancora il Centro per il trattamento dei disturbi alimentari, in generale il fatto di non mangiare veniva scambiato per un capriccio e io non avevo la percezione di stare male. In seguito ho deciso di entrare in comunità terapeutica perché ero arrivata ad un punto in cui sentivo che, dovevo fare qualcosa. Al Centro dell'Azienda sanitaria ho incontrato psicologi e dietiste che mi hanno dato il supporto di cui avevo bisogno", ha raccontato Daniela sottolineando la parallela sofferenza dei genitori. "La solitudine che provano i famigliari è enorme, questa Giornata nazionale del 15 marzo è importante anche per l'opportunità di parlare di queste malattie, di incontrarsi e confrontarsi". "All'ARCA sono arrivata per raccogliere testimonianze e ho sperimentato l'ascolto e il sostegno emotivo dei volontari, da qualche anno sono una di loro", ha spiegato presentato il titolo del suo fresco libro "Oltre l'immagine", un invito ad avere uno sguardo attento e non giudicante. "Le malattie legate ad un rapporto scorretto con il cibo e con l'immagine di sé sono subdole: occorre andare oltre le apparenze di chi dice che sta bene, offrendo quell'ascolto che fa spazio ad un dolore nascosto e difficile da comunicare quando a prevalere è il senso di colpa e la vergogna".

All'incontro, moderato dalla Consigliera di parità della Provincia autonoma di Trento Eleonora Stenico, hanno partecipato il dottor Aldo Genovese, direttore del Centro per i disturbi del comportamento alimentare di Trento e il prof. Alberto Pellai, medico ricercatore dell'Università di Milano. "Queste patologie sono un'emergenza legata al crescere in una società in cui i modelli culturali dominanti – “la vita è adesso, fallo e basta” – favoriscono il soddisfacimento immediato di bisogni indotti senza lasciare spazio e tempo all'elaborazione di un pensiero che permetta alla maturazione fisica di procedere di pari passo con quella mentale", hanno spiegato i due specialisti, descrivendo un contesto sociale in cui si è perso il contatto con la dimensione corporea e la costruzione dell'identità dell'adolescente è condizionata dall'approvazione cercata nello sguardo altrui.

Le numerose domande del pubblico hanno evidenziato la richiesta di attivare percorsi di prevenzione e cura anche in periferia, visto che le trasferte a Trento per chi abita nelle valli possono a lungo andare incidere sulla volontà di proseguire le terapie. "Il Centro è l'unico punto di riferimento provinciale, avere ambulatori e altri presidi territoriali richiede risorse che al momento non ci sono", ha risposto a malincuore il dottor Genovese. Il tema è stato ripreso sabato nel convegno provinciale promosso dall'Azienda e nell'incontro fra i volontari delle associazioni che operano anche in altre regioni.

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