Conversione, discreta e concreta

Mercoledì primo marzo mons. Tisi ha aperto l'itinerario quaresimale in Cattedrale con l'Eucaristia durante la quale ha tenuto quest'omelia dal titolo “Per una conversione alla gratuità e all’attualità. Discreta e concreta”. La pubblichiamo integralmente per offrire ai lettori e alle comunità trentina un confronto stimolante con la riflessione spirituale ed esistenziale offerta dall'Arcivescovo a tutta la comunità diocesana.

La Quaresima, dice il Concilio Vaticano II, dispone i fedeli alla celebrazione del mistero pasquale (Sacrosanctum Concilium, 109), ad accogliere Dio che passa e che desidera entrare con il suo amore nella nostra vita, perché diventi un cammino con lui, una continua conversione alla sua paternità. Le letture di oggi, Mercoledì delle Ceneri, ci indicano alcune modalità di questa conversione.

Conversione interiore e comunitaria

Il profeta Gioele ha ripetuto due volte un verbo importante: «Ritornate a me con tutto il cuore»; «Ritornate al Signore, vostro Dio». Il verbo «ritornare», così vicino a «convertirsi», qualifica il cammino del figlio prodigo e il cammino di ogni uomo e di ogni donna verso Dio Padre. Per accompagnarci in questo nostro ritorno, il profeta definisce Dio «misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Non è sempre facile credere veramente a questi atteggiamenti di Dio, passare dalla paura nei suoi confronti, dalla sensazione che sia distante o assente, all’abbandono in lui, all’accoglienza del suo grande amore per noi e per tutti. Solo poco a poco possiamo comprendere questi cinque attributi di Dio, nel passare dei secoli e anche con nel procedere della nostra vita personale, grazie soprattutto alla riflessione e all’esperienza di tanti testimoni. Questi lineamenti di Dio ci permettono di rivolgerci a lui con fiducia, dicendogli: «Perdona, Signore, al tuo popolo». Gioele ci invita quindi a una conversione interiore al vero volto di Dio: si tratta di rivedere il nostro modo di pensare noi stessi e gli altri, di guardare la realtà, il mondo, la storia,  avendo il senso della misericordia di Dio, del suo amore paziente e benigno a misura del Padre.

Gioele ci propone una seconda caratteristica della conversione: parla di una conversione comunitaria, ecclesiale, vissuta insieme dai vecchi, dai fanciulli, sposi e spose, sacerdoti, ministri del Signore. Convertirsi comporta riconoscere e vivere i legami di responsabilità e di solidarietà che ci uniscono, sostenerci reciprocamente con l’esempio, la parola e soprattutto con la preghiera.

Conversione alla gratuità e all’attualità

Nella seconda lettura colpisce il verbo «esortare» ripetuto due volte da Paolo: «per mezzo nostro è Dio stesso che esortavi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio». Questa esortazione calda, insistente dell’apostolo, può avere due contenuti.

Anzitutto egli ci esorta ad accogliere la grazia di Dio, a lasciarci riconciliare con Dio. Il primo passo della riconciliazione spetterebbe a chi ha offeso un’altra persona. Invece, Paolo afferma che avviene il contrario: Dio stesso per pura grazia ha preso l’iniziativa di realizzare la riconciliazione degli uomini con sé. Il dono della nostra riconciliazione procede da lui: è stato Dio a riconciliare con sé noi stessi e tutto il mondo, mediante Cristo. La nostra riconciliazione con Dio è prima di tutto un suo atto gratuito, è un’attività ricostituiva operata da lui, che rimette a posto un mondo spezzato, che rifà le nostre relazioni con lui e tra noi, dopo che sono state logorate o addirittura sono venute meno. Paolo ci invita quindi a convertirci alla gratuità della riconciliazione, del perdono di Dio: la conversione non è frutto del nostro sforzo o della nostra psicologia, ma nasce dalla consapevolezza che siamo afferrati dall’azione riconciliatrice di Dio; è lui che vuole portare a compimento il suo amore per noi, che vuol fare trionfare in noi il bene e che perciò opera in noi un rinnovamento efficace, ci rende la gioia della sua salvezza, come dice il salmo responsoriale.

Poi Paolo precisa ulteriormente la sua esortazione, e quindi la natura della nostra conversione, ripetendo due volte la parola «ora»: «ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!». Paolo ci supplica, ci sprona ad accogliere, a vivere nel nostro oggi il dono della riconciliazione che Dio ci offre, anche mediante il ministero della Chiesa. Dio ci chiama a convertirci non a qualcosa del passato, a una visione di vita che sta dietro le nostre spalle, o in una prospettiva futura, ma a convertirci all’attualità, a ciò che egli compie e chiede qui, adesso, nella nostra vita, senza sognare situazioni diverse, migliori o forse più chiare, meno confuse.

Conversione discreta e concreta

Nel vangelo Gesù ripete più volte le parole «il Padre vostro», «il Padre tuo». Sta qui il centro della nostra fede. Dio è il Padre tuo, è il Padre nostro. Questo Dio Padre è nei cieli, ma Gesù aggiunge tre volte, perché la verità si imprima nella nostra mente, che Dio è il Padre «che vede nel segreto».

Gesù ci invita a metterci davanti al Padre nostro con la fiducia del bambino; ci propone di agire non in base agli indici di ascolto, di gradimento, per essere visti, per avere un’approvazione esterna, ma davanti al Padre nostro. È lui che ci dona e che custodisce la nostra vera grandezza, la nostra dignità di figli suoi. L’opinione corrente sembra dire che non c’è gusto nel fare il bene, se nessuno ti vede, si accorge di te e ti loda. Gesù ti garantisce che il Padre tuo, che ti vede nel segreto, ti stima, ti comprende, ti aspetta, ti corregge, ti incoraggia, ti cerca, ti perdona e ti ricompensa con la misura sovrabbondante del suo amore. È Dio Padre la nostra salvezza, lui solo ci conosce nel bene e nei limiti, nelle sofferenze e nei desideri; a lui è affidato il giudizio sulla nostra vita ed è sempre il giudizio del «Padre tuo», ricco di misericordia. Questo è certamente un messaggio liberatore che purifica e pacifica la nostra vita, che ci fa entrare nel cuore del vangelo, della conversione. Non occorre suonare la tromba, far sapere alla tua sinistra ciò che fa la tua destra, restare prigionieri dell’ostentazione, della visibilità, delle apparenze esterne che tante volte deformano e svuotano la religiosità, falsificano le relazioni. Gesù ci invita a una conversione discreta, non clamorosa, ma intrisa di semplicità, di bontà nascosta, di preghiera silenziosa, di gesti che solo «il Padre tuo» conosce. Maria, la Madre di Gesù, ha vissuto così. Nelle poche azioni che di lei ci narrano gli evangelisti, colpisce il suo silenzio, il suo desiderio di restare nell’ombra.

Parlando dell’elemosina fatta in segreto, della preghiera vissuta nella tua camera, del digiuno accompagnato da un volto disteso, addirittura profumato, Gesù ci indica quali sono i frutti concreti, visibili che maturano in chi accoglie l’amore di Dio, in chi vive da figlio suo: l’elemosina, cioè la condivisione, la solidarietà, la preghiera, cioè l’incontro con Dio, e il digiuno, cioè la vittoria sulla tentazione di aggrapparci alle sicurezze di questo mondo, all’idolatria del possesso. Sono atteggiamenti da compiersi senza gesti appariscenti, tasselli di una santità quotidiana. Gesù domanda una conversione discreta, ma che sia nello stesso tempo una conversione concreta, che pervada la nostra vita familiare, ecclesiale e sociale.

Il rito dell’imposizione delle ceneri è accompagnato dalle parole: «Convertitevi, e credete al vangelo»; convertiamoci, credendo al vangelo dell’amore di Dio, Padre nostro, credendo al suo dono di un cuore nuovo, che ci rende capaci di vivere questa Quaresima in una conversione interiore e comunitaria, in una conversione alla gratuità e alla nostra attualità, in una conversione discreta ma concreta.

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