Dialetto e identità

Se n'è parlato in un convegno organizzato sabato scorso in occasione del quarantesimo anniversario di fondazione della Filodrammatica “El Grotel”

Sabato scorso nella sala consigliare del Comune di Borgo Chiese in occasione del quarantesimo anniversario di fondazione della Filodrammatica “El Grotel” si è tenuto a Condino un bel convegno sul dialetto locale coordinato dal membro del direttivo della locale filo e letterato Giacomo Radoani.

La tavola rotonda si è aperta con il saluto del sindaco di Borgo Chiese, Claudio Pucci, che ha sottolineato come “la vita dell’uomo si muove sempre tra due bisogni fondamentali; il bisogno di appartenere a qualcuno e il bisogno di distinguersi. Il dialetto ha in sé qualcosa di intimo, familiare, porta con sé la tua storia e quella di una comunità. Ma permette anche di dire 'sono portatore di un’identità unica', necessario in una società che tenta di omologare tutto e tutti”.

Già nel maggio scorso l’amministrazione di Borgo Chiese ha contattato la sovraintendenza dei Beni Culturali per la pubblicazione nella collana del Dizionario Trentino di Toponomastica di un volume dedicato a Brione, Cimego, Condino e Castel Condino, che è stato coinvolto, trovando la disponibilità del sindaco. In agosto poi è stato preso un impegno formale da parte della stessa amministrazione e la Sovraintendenza ha risposto che la stampa del volume è prevista per il 2020.

Il lavoro per il nuovo dizionario potrebbe basarsi sulle inchieste toponomastiche già svolte per Brione da Donatella Simoni nel 2001, per Cimego, da Mariacarla Girardini nel 1982-1983 e per Condino da Ivo Butterini nel 1986-1989 (ne esistono anche altre realizzate da Pierino Svaldi, Franco Bianchini, Prima Butterini e Cristina Faccini).

Con questa prima iniziativa si vuole però andare alla stesura anche di un nuovo dizionario dialettale. Il presidente della filodrammatica “El Grotel” di Condino Sergio Butterini ha specificato come la filo abbia così intravisto “la possibilità di riaccendere la scintilla del nostro dialetto e con esso la nostra cultura popolare e le nostre tradizioni più belle e più sane. La Filodrammatica condinese – ha aggiunto – ha nel dialetto la propria anima”.

Gli ha fatto eco il presidente della Comunità delle Giudicarie Giorgio Butterini che ha rimarcato come il dialetto abbia lo stesso valore dei nostri beni immateriali, proponendo che il nuovo dizionario contempli la versione dal dialetto all’italiano e viceversa per sapere come un termine in italiano possa essere tradotto in lingua dialettale: “Oggi abbiamo anche la possibilità di abbinarvi strumenti hardware e software”.

Tra le figure specializzate invitate alla tavola rotonda v’erano il geometra Alberto Baldracchi, autore del “Vocabolario della Pieve di Bono”, Gianni Poletti, autore del dizionario “Parlar da Stòr”, e Giambattista Salvadori, curatore del dizionario “Dizionario del dialetto di Roncone”, dizionari in cui sono inserite finestre sulla vita quotidiana del passato, usanze, tradizioni e modi di dire antichi.

Il primo ha rimarcato come Strada, Creto e Cologna, paesi di fondovalle con molte istituzioni comuni come la parrocchia, la scuola, la banda, abbiano un dialetto molto simile, ma altresì come i dialetti che compongono la Busa della Pieve di Bono, pur avendo un impianto comune, non siano omogenei (“A volte vi sono variazioni nei lemmi, più spesso nella pronuncia e nelle troncature, un tempo più di adesso”).

Gianni Poletti ha ricordato, invece, come questa sia l’ultima generazione favorevole per documentare l’aspetto linguistico di una società contadina che è tramontata: “Occorre definire subito la grafia per rendere i suoni tipici del dialetto locale – ha precisato – fermandosi all’essenziale, senza intestardirsi nel ricercare l’etimologia delle parole, ricercando piuttosto le parole tipiche, una trentina, di quel particolare dialetto assenti in altri”.

Giambattista Salvadori ha rilevato invece “un oblio quasi totale della ricca terminologia contadina, sia per quanto riguarda le attività stesse sia per la nomenclatura della corrispondente attrezzatura, ecco l’importanza di conservare la memoria storica dell’idioma originale”.

I vari interventi sono stati intervallati da letture di scritti in condinese di Giulio Bodio Molinèr, emigrato in Germania ma amante del suo paese tanto da scrivere parecchi racconti in dialetto apparsi negli anni sui bollettini parrocchiali e comunali e presente in sala, e del regista della Filo Claudio Rosa e concluso da un interessante esperimento di Ivo Butterini che ha presentato slide con immagini di erbe e alberi locali, chiedendo ai presenti di nominarli in dialetto.

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