L’incertezza da Londra all’Europa

L’attenzione dell’opinione pubblica sembra inchiodata sulla questione dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea: questo almeno se si presta fede a giornali e altri media che al tema dedicano enorme spazio. Non che sia una piccola questione, c’è solo da chiedersi se davvero la gente si renda conto della portata del problema.

Naturalmente si tratta di una faccenda complessa, sia per i riflessi che avrà o meno sulla politica, ma soprattutto sull’economia, sia per le conseguenze di tipo imitativo che può indurre. Sul primo versante molto dipenderà da come verrà giocata la partita: Londra punta, a quel che sembra di capire, ad avere la botte piena e la moglie ubriaca. Cioè arrendersi al voto popolare, visto che non può fare diversamente, ma poi negoziare una serie di trattati commerciali e similari che le consentano di continuare come prima negli scambi economici. In definitiva realizzerebbe così quel tipo di Unione Europea che ha sempre avuto in mente.

Se ci riuscisse non cambierebbe poi molto, almeno nell’immediato. Alla lunga si vedrà. Non è chiaro quanto la UE, ma soprattutto i governi più rappresentativi, siano disponibili ad assecondare gli inglesi. Da un certo punto di vista andrebbe bene anche a molti di loro. Manterrebbero sistemi di scambio favorevoli e in più non avrebbero ancora al tavolo dei negoziati sullo sviluppo dell’Unione i veto del governo di Londra. La controindicazione è che poi diventerebbe difficile non ritornare da una Europa che è semplicemente un mercato comune, visto che è quanto chiedono, con una buona dose di irresponsabilità, molti degli attuali membri incalzati da opinioni pubbliche sempre più nazionaliste.

Come si colloca l’Italia in questo contesto? Incredibilmente bene da un lato, incredibilmente male dall’altro. Bene se si considera che il governo italiano è stato invitato a far squadra con quelli tedesco e francese. E’ un riconoscimento da non sottovalutare e che potrebbe portare ad un rilancio del nostro peso in Europa. Male se si tiene conto che Renzi non riesce a contare sulla solidarietà nazionale, perché le opposizioni di ogni colore non tengono in alcun conto cosa possa giovare al paese e sono interessate solo ad indebolire il premier costi quel che costi.

Sembra che non ci si renda conto che l’Italia non è esattamente un paese che può battere i pugni sul tavolo. La nostra situazione economica, soprattutto sul fronte bancario, non è rosea e siccome la crisi attuale è in buona parte finanziaria sarebbe da prestarci attenzione. Se venisse a mancare uno scudo comunitario sul nostro sistema del credito e risparmio e si lasciasse campo libero alla speculazione non ci sarebbe di che stare allegri. In secondo luogo abbiamo una situazione politica che è piuttosto instabile. Come andrà il referendum, che è sempre più incombente, non è chiaro e anche se non anticipiamo lo scenario di cosa accadrebbe una volta caduto Renzi, sappiamo che sedere ad un tavolo internazionale con l’immagine di un leader sotto sfida mortale non è cosa che trasmetta gran forza.

Si tenga anche conto che Hollande in primis, ma anche la Merkel hanno i loro guai con le opinioni pubbliche dei rispettivi paesi. Il presidente francese è messo peggio con le elezioni in vista il prossimo anno e la Le Pen che strumentalizza il risultato britannico, ma anche “Mutti” Merkel ha elezioni nel 2017 e la forza di partiti populisti come “Alternative für Deutschland” non è da sottovalutare.

Il risultato poi delle recenti elezioni spagnole rimarca il fatto che ormai i sistemi politici si stanno disgregando e in direzioni che non sono prevedibili. In Germania ci si è salvati col ricorso alla “Grande Coalizione”, ma negli altri paesi sembra sia un sistema che non funziona: del resto anche a Berlino reggerà fintanto che le opposizioni non riescono ad incrinarla col loro successo elettorale.

Se ragionassimo freddamente dovremmo dire che è abbastanza incredibile che in uno scenario simile in Italia si continui a baloccarsi nei vari talk show e sui giornali con rimasticature di vecchie ideologie riverniciate con frasi fatte di nuovo conio, eppure è quello a cui stiamo assistendo. Si dirà che “è la politica”, ma in realtà non è esattamente così: è la politica dei tempi di decadenza.

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