Piante alimurgiche, studi d’avanguardia

Sono le piante spontanee, perenni e no, che possono essere raccolte autonomamente nei campi e vengono utilizzate in cucina

La multifunzionalità per le imprese agricole gioca un ruolo sempre più importante. Le attività connesse dell’azienda sono numerose e sempre più diversificate.

In una recente indagine condotta da Ismea-Rete Rurale nazionale si evidenzia, prima di tutto, che più della metà delle aziende intervistate (57%) si cimenta in una molteplicità di attività connesse, con al primo posto l’agriturismo e la lavorazione dei prodotti propri (91%), seguiti dalla vendita diretta dei prodotti (85%) e dalle attività didattiche (77%). Con incidenze inferiori, ma comunque rilevanti, ricorrono: la produzione di energia da fonti rinnovabili (57%), l’inclusione sociale (46%) e l’agricoltura biologica (40%). Tra queste molteplici possibilità rientra anche la vendita di piante alimentari e officinali. Infatti, già molte imprese stanno raccogliendo, trasformando e vendendo queste particolari specie. Una possibile integrazione del reddito dell’azienda agricola.

Esiste, però, una questione da tenere in debita considerazione: per molte specie vegetali officinali e/o alimentari per le quali sussiste domanda di materia prima, l’unica fonte di approvvigionamento è costituita dalla raccolta di piante spontanee. Nello specifico, si tratta di piante spontanee, perenni e no, conosciute fin dall’antichità, che possono essere raccolte autonomamente nei campi e da utilizzare in cucina, le cosiddette piante alimurgiche. Agriturismi, in particolare, le utilizzano nei propri menu anche per far riscoprire sapori di un tempo. Proprio per l’importanza che queste piante rivestono per alcune economie locali e vista la sempre crescente domanda il CREA Centro Foreste e Legno nella sede di Trento ha attivato un percorso di ricerca che punta a studiare la possibilità di domesticazione delle piante alimentari e officinali spontanee.

Pietro Fusani, ricercatore del CREA, ha presentato durante un webinar dedicato, le potenzialità e i risultati di questa ricerca. Il Crea nella sede di Trento, ha spiegato il ricercatore, è da molti anni attivo nella ricerca e sperimentazione nel campo delle piante officinali, già a partire dal 1979 con l’allora Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e l’Alpicoltura.

Prima di tutto va necessariamente specificato cosa si intende per domesticazione, ha precisato Fusari, è lo stato in cui si trovano gli animali e le piante quando le condizioni di alimentazione e riproduzione sono regolate dall’uomo: quindi, si tratta di “portare a casa” le piante.

Un ulteriore aspetto da sottolineare è il fatto che la raccolta delle piante spontanee è regolamentata: ad esempio, in Provincia di Trento, vi è il Regolamento numero 9 che norma la raccolta delle piante spontanee.

Le piante spontanee oggetto della ricerca sono state l’arnica montana, la cicerbita alpina, l’asparago di monte, la genziana e altre tipiche delle nostre valli. Gli studi condotti, sottolinea il ricercatore, hanno permesso di testare in campo la coltivazione di queste piante a partire dalla propagazione e dalla moltiplicazione, primo grande problema da risolvere per le specie selvatiche. La ricerca ha riguardato tutte le attività tipiche della coltivazione, permettendo di delineare le esigenze pedoclimatiche e agronomiche, la scelta varietale, ecc. di queste piante. Coltivare e non raccogliere, ha concluso Fusani, ha molteplici vantaggi: salvaguarda la biodiversità, permette il controllo delle rese e dei fattori che le influenzano, comodità e ripetibilità.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina