Scrittore della montagna e delle sue genti

È stato scrittore, poeta e saggista, ma soprattutto uno scrittore della montagna e dei suoi paesaggi. È il trentino Enzo Demattè (1927-2014), scomparso l’11 ottobre dello scorso anno a Treviso, la città dove aveva vissuto la maggior parte della sua vita. Benché considerato veneto dai trevigiani, Demattè ritornava volentieri in Trentino, ricordando le sue origini e i suoi legami familiari.

Autore versatile e fantasioso – benché dal carattere tutt’altro che facile – Demattè fu conosciuto da un ampio pubblico di lettori giovani per il romanzo “Il regno sul fiume”, edito da Mursia nel 1968; pubblicò in seguito altri testi per il pubblico giovanile, tra cui un riuscito volumetto saggistico su Umberto Saba. Uno dei suoi argomenti maggiori fu la montagna, la sua gente e l’aspra ispirazione dei suoi rilievi: in romanzi come “La valle coi santi alle finestre” (1958, dove un protagonista ancora immaturo incontra le tentazioni del successo), “Gente di confine” (1976, un giallo sul contrabbando nelle Alpi) e “Passione di Vallarsa” (1984, un’opera che ha come epicentro una vallata periferica, luogo di eventi bellici nel ’15-18) ha affrescato luoghi e protagonisti di una civiltà spesso ai margini della cultura “alta”.

Demattè fu anche un buon poeta, benché la sua produzione sia stata a fasi alterne. Di lui spicca il poemetto “Tera” (1966), che dà espressione corale a un gruppo di emigrati in Svizzera negli anni Sessanta. Contadini che dovettero lasciare la loro terra – e i suoi orizzonti, i suoi odori, il suo lavoro legato ai cicli delle stagioni – per andare in città a lavorare come carpentieri, muratori o camerieri, tra gente inospitale e distaccata. Questi semplici ma veri e sofferenti protagonisti di un periodo della vita italiana ricordano con nostalgia, in questi versi, la loro campagna, dove “La me vaca capiva”; mentre il lavoro faticoso all’estero era per loro quello che da sempre è stata la speranza intima di ogni emigrante povero: “Tuta na vita intiera / Par passar e tornar”.

Dopo le stimolanti opere composte tra gli anni Cinquanta e Ottanta, Demattè negli ultimi vent’anni della sua vita – dopo aver trascorso un lungo periodo a Parigi – si ritirò definitivamente nel clima provinciale e ovattato di Treviso, dedicandosi in prevalenza ad attività e a studi di minor rilievo. Rimangono comunque le sue opere del periodo migliore, dove la montagna e la terra natia si identificano con l’appartenenza forte alle proprie radici.

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