Solitudine al quadrato: la disabilità “chiama”

Foto Gianni Zotta

Mentre il Governo proroga di tre mesi lo stato di emergenza e il Consiglio provinciale discute il bilancio di previsione, ci scuote in redazione la telefonata di un adulto con disabilità: “Nella mia APSP mancano molti operatori – spiega – è di nuovo emergenza, chi è di turno scoppia e noi ne facciamo le spese”.

Non è uno sfogo ma la voce di chi non ha voce, però cerca di parlare per tanti altri, denunciando le dure ripercussioni della pandemia: si riducono i servizi alla persona, si alzano nuove barriere nelle relazioni con l’esterno, cresce l’ansia per i parenti più anziani, provati nei mesi scorsi da gravi disagi. “Le persone già sole si ritrovano con una solitudine al quadrato”, osserva su Strenna Trentina il sociologo Fabio Folgheraiter analizzando “l’impatto della pandemia sui servizi sociali” e sulle persone più fragili che “si trovano a far fronte alle loro difficoltà, aggravate dall’impossibilità di contare su relazioni di aiuto solide”.

Se per tutti non è ancora finito “il tempo della prova”, non dobbiamo dimenticare che essa è ancora più logorante per chi si trova cronicamente in queste situazioni. “È importante guardare al disabile come a uno di noi – ha detto martedì il Papa incontrando i ragazzi dell’Istituto Serafico di Assisi – , che deve stare al centro della nostra cura e della nostra premura, e anche al centro dell’attenzione di tutti e della politica. È un obiettivo di civiltà”.

Ecco un passaggio che dovrebbe risuonare in questi giorni anche nelle aule parlamentari e delle amministrazioni locali, perché in un “bilancio di giustizia” le risorse da destinare alle fasce di popolazione segnate dalla disabilità dovrebbero essere uno zoccolo duro, intoccabile o, semmai, incrementabile. “Perché mi tocca sentire invece – diceva ancora la telefonata di sfogo arrivata in redazione – di milioni di euro che invece si trovano con facilità per i campi da calcio, le funivie dello sci e le paginate di pubblicità del turismo trentino”. La Finanziaria provinciale deve aumentare nel periodo pandemico le riserve per questi capitoli di spesa sanitaria e assistenziale: è un dovere “di civiltà” garantire terapie continue alle persone più fragili e puntare a “progetti di vita personalizzati”, dal momento che ogni disabilità è diversa.

Per tornare ad un esempio concreto, le strutture residenziali non si possono “razionalizzare” (cioè ridurre) le risorse per quei servizi di qualità che esigono un rapporto sufficiente tra disponibilità di personale e ospiti delle strutture: se mancano OSS e OSA, si trovino i fondi di riserva per assumerli. È un ambito poco illuminato sul quale la nostra autonomia dovrebbe brillare e – se è vero che esistono strutture modello – bisogna anche registrare situazioni lacunose ed ignorate. Nelle quali sembra avere minor peso e minor dignità la voce di chi protesta con una telefonata al settimanale locale.

Alla Conferenza Nazionale sulla Disabilità, tenutasi nel giorno di Santa Lucia, lo stesso Draghi ha indicato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza come il contenitore da cui attingere sei miliardi di euro per le persone con disabilità. Alle associazioni, che non credono troppo nel PNRR come cilindro magico, il Premier ha dovuto almeno assicurare che i 200 milioni di euro non spesi nel Fondo Disabilità 2020 saranno recuperati quest’anno e non svaniranno nel nulla. Ma non è solo questione di soldi. “Che ne è della legge del dopo-di-noi?”, chiedeva chi ci ha telefonato in redazione, segnalando la scarsa applicazione di una legge voluta in previsione della scomparsa di tanti genitori anziani (com’è avvenuto nella pandemia, purtroppo) con figli disabili rimasti senza guide oltre che affetti.

Pure dalla nostra inchiesta sulla “promozione della salute” emerge l’urgenza di favorire la rete fra enti pubblici, i familiari e gli utenti stessi, da coinvolgere con un punto di vista “esperienziale”. Nel presepio 2021, come ci ricorda nell’atrio di Curia quello dei ragazzi di ANFFAS con i quali il vescovo Lauro ha celebrato il Natale nella chiesa di San Giuseppe, aspettano anche le persone con disabilità. Non cercano sguardi buonisti, ma azioni di giustizia e di reciprocità, perfino “uno scambio di doni”. Anche perchè, prima o poi, come ha detto martedì il Papa, “chi di noi non ha dei limiti, e non va incontro, prima o poi, a delle limitazioni anche gravi?”.

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