Nulla e nessuno è irrimediabilmente perduto

Sapienza 11,22-12,2;

2 Tessalonicesi 1,11-2.2,

Luca 19,1-10

Chi cerca sempre i bagni di folla, il plauso delle masse, difficilmente trova tempo e voglia di fermarsi con le singole persone, d’interessarsi della loro situazione reale. Se lo fa, si serve abitualmente di intermediari, segretari, ma mai o quasi mai direttamente (fatta eccezione per Papa Francesco). Non ha tempo per i singoli individui. È tipico dei grandi personaggi. Ed è nel confronto con questo modo di fare che Gesù appare originale: dimentica la folla che lo circonda, lascia da parte il suo programma, per prendersi a cuore la situazione di una singola persona: “Zaccheo, scendi: oggi devo fermarmi a casa tua”. Il comportamento di Gesù, però, oltre che strano è anche scandaloso in questa occasione, perché Zaccheo è capo dei pubblicani e ricco. (Le ragioni di questo scandalo sono già state chiarite nel commento della scorsa settimana). Del resto, anche noi pensiamo volentieri a un Gesù che simpatizza per i poveri e i semplici, ma vederlo entrare in casa di un ricco disonesto, ci stupisce; la gente di Gerico quel giorno ne fu scandalizzata. Forse più di qualcuno sarà sbottato: “Ma allora questo Gesù è un opportunista! Quando gli fa comodo, sta con i poveri… quando invece gli torna conto, sta con i ricchi, con i disonesti!”. Ecco lo scandalo. Ma lui aveva messo sull’avviso già nei primi giorni del suo girovagare per la Galilea: “Beato chi non si scandalizza di me!”. E voleva dire: “Può darsi che il mio comportamento vi sorprenda, ma io condivido la logica di Dio, non la vostra!”. E qual è la logica di Dio? Il saggio della prima lettura si esprime così: “Tutto il mondo davanti a te, Signore, è come polvere sulla bilancia… eppure tu hai compassione di tutti, e chiudi gli occhi sulle malefatte degli uomini, aspettando il loro pentimento”. Dio è così. E Gesù è venuto a confermarlo con i suoi modi di fare, oltre che con le sue parole. Che l’uomo sia povero o ricco, lazzarone oppure santo, tutto questo è ciò che appare. Dietro a questo c’è l’uomo, la persona nel suo irripetibile mistero. Certo, per la società non è affatto secondario che uno sia dabbene invece che disonesto, uomo o donna di tutto rispetto anziché malvivente, ma Dio va oltre, arriva là dove nessun altri è in grado di arrivare, cioè nell’intimo, al cuore di ogni persona. E l’ama, la stima, la rimprovera se necessario, con una pedagogia tutta sua. Del resto, è Dio che ha inventato l’uomo: se non lo conosce in profondità lui, chi mai lo potrà conoscere? Gesù ha lo sguardo profondo di Dio. “Zaccheo, scendi subito: oggi devo fermarmi a casa tua”. Come avrà fatto ad accorgersi di lui, a conoscerne la situazione di vita e il suo bisogno di salvezza? Nel libro dell’Apocalisse si parla di Gesù come di colui che ha “gli occhi fiammeggianti come fuoco…”, capaci di penetrare e conoscere l’intimo di ciascuno. Con competenza e misericordia. Lasciarsi accostare da Gesù a questo livello, permettergli di incontrarci a questa profondità: ecco la salvezza. Che la gente si fermi pure a quello che appare, dica ciò che vuole, ma che Gesù possa arrivare più in là, dove nessun altro arriva: questo è ciò che conta. Penso – e senza offesa – che Zaccheo rappresenti un po’ ciascuno di noi. Soprattutto quel “ciascuno di noi” che pensa di essere troppo anonimo, troppo insignificante perché Gesù Cristo si interessi a lui. Bella la conclusione del Signore alla fine di quell’incontro in casa di Zaccheo: “… io sono venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto!”.

Ognuno – riconosciamolo sinceramente – porta in sé qualcosa di perduto: una certa speranza delusa, una fiducia nella vita che non sa più ritrovare, una buona volontà che s’è ormai assopita, o quel po’ di entusiasmo che non sa più dove sia finito… Sì, ognuno reca in sé qualcosa di perduto su cui, forse, ha già messo una pietra con inciso: “non se ne parla più”. Ebbene, il senso di quel “perduto” nel linguaggio greco di Luca, non è affatto comune o superficiale, come di chi afferma ad esempio: “ho perduto la chiave di casa”… e intende dire che, sì: perduta, perché l’avrà pur messa da qualche parte, ma spera con fiducia di ritrovarla. No, l’evangelista si riferisce a una perdizione ormai irrimediabile. Il senso delle parole di Gesù in casa di Zaccheo va compreso in questi termini: “Il Figlio dell’uomo è venuto per salvare ciò che era irrimediabilmente perduto”. Sarebbe interessante riportare esempi di ciò che per gli uomini è irrimediabilmente perduto, ma probabilmente sarebbe un elenco troppo lungo. Meglio soffermarsi su un’ultima domanda piuttosto: com’è che Gesù può entrare nella vita delle persone e salvare ciò che era irrimediabilmente perduto? La risposta è già nella domanda: lo può fare, se può entrare, appunto. Zaccheo quel giorno si sentì interpellare così da Gesù: “Vorrei fermarmi a casa tua oggi!”. Se avesse risposto: “No, Gesù, guarda… oggi ho altro da fare… ho già programmato un weekend con i miei amici… sarà per un’altra volta!”. No tutt’altro, anzi, non ci fu nemmeno bisogno di rispondere: “Scese e lo accolse pieno di gioia!”. Se qualcosa in noi può cambiare, se qualcuno – perduto – può essere ricuperato, sarà perché si è lasciato entrare Gesù Cristo nella propria vita. Sono tante le occasioni nelle quali passa; l’Eucaristia domenicale è la prima, ma non l’unica. Auguriamoci, pertanto, di non guardarlo passare standocene a distanza, ma di lasciarlo, anzi, di invitarlo ad entrare davvero nella nostra esistenza: con la sua energia di vita e la sua misericordia.

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