Somalia, la pazienza di Giobbe

L’opera decennale di Elio Sommavilla per dare acqua e speranza a una popolazione stremata da guerre e carestie

Millenovecentonovantuno a Milano. In una riunione delle maggiori associazioni di volontariato Italiane operanti in Africa si fa il punto della situazione in Somalia: centinaia di migliaia di profughi che si spostano senza sapere dove andare, senza cibo, senza acqua. I più colpiti sono i bambini. Occorre un aiuto internazionale.

I personaggi presenti alla riunione si guardano intorno. E' presente Elio Sommavilla, fondatore di una associazione di volontariato, WFL (Water For Life) già attiva in Somalia da qualche anno. E' stato professore ospite all'Università di Mogadiscio, fin dal 1976. Conosce bene le lingue parlate in Somalia: il Somalo, l'Arabo, l'Inglese e l'Italiano. Nei primi anni '80 Elio è stato coordinatore di un programma ONU per i rifugiati dell'Ogaden – una grande regione contesa tra Etiopia e Somalia. Ha conoscenze a Mogadiscio e nelle organizzazioni dell'ONU. Tutti i presenti si guardano in faccia e poi tutti si fermano su Elio: è lui la persona giusta per coordinare i soccorsi alla Somalia.

Prima di partire chiede prestiti a alcune banche: firma personalmente prestiti per 300 milioni di lire – una cifra equivalente a venti anni del suo stipendio. Per fortuna, un anno dopo le donazioni degli Italiani e dei Trentini hanno coperto quella cifra.

Vola fino a Nairobi in Kenya; da lì arrivare in Somalia è una impresa rischiosissima per tutti; di più per un europeo. Arriva a Mogadiscio su un piccolo aereo scassatissimo e da lì comincia a organizzare gli aiuti più urgenti.

Ma c'è un problema che nessuna organizzazione umanitaria sa affrontare: Elio si trova davanti per strada bambini piccolissimi, di pochi anni. Sono stati persi dai genitori o i genitori sono morti. Elio comincia a raccoglierli e si fa aiutare dalle donne locali.

A Merka – una città del sud Somalia – trova l'appoggio di Mana 'Abdurahmaan, figlia di un grande sultano morto 50 anni fa. Con Mana e altre donne della città riesce a organizzare cibo e alloggio per qualche decina di orfani.

Nel ’92 Water For Life assiste nientemeno che 820 bambini. Ma il geologo Elio Sommavilla sa da sempre che la prima condizione per la vita è l’accesso all’acqua. Fonda un villaggio che si chiamerà Ayuub (“Giobbe” in Somalo) e da lì insegna agli abitanti a perforare pozzi per estrarre l’acqua dal sottosuolo. Vicino a Ayuub e a Merka passa un fiume: Uebi Shebeli. Nel periodo tra le due guerre gli occupanti italiani avevano scavato canali per l’irrigazione, ma poi questi canali erano stati riempiti dalla sabbia del deserto: Elio riesce in un paio di anni a scavare di nuovo 300 Km di canali dando acqua a 200 km quadrati di deserto. Rinasce una piccola fascia di agricoltura e di speranza.

Millenovecentonovantatré. Elio sa bene che dopo l'acqua viene il cibo – che viene fornito dall'acqua. Ma subito dopo, il bisogno primario per l'uomo è l'educazione: questa è il prerequisito per qualsiasi crescita umana; per la crescita della pace; e per la convivenza.

Parte un formidabile programma che porta alla creazione di scuole in diciannove villaggi, con 81 insegnanti per 2000 alunni già a fine 1993.

Nel 2014 sono 39 villaggi, con 600 insegnanti e 23.000 alunni: quanto una cittadina italiana! Parte poco dopo una scuola di agraria dove si insegna a coltivare e irrigare. Oggi quella scuola sta diventando una Facoltà distaccata dell’Università di Mogadiscio. Partono scuole di taglio e cucito, di falegnameria, di carpenteria metallica, di vetreria.

Nel 2011 inizia la costruzione di un ospedale per Ayuub e all’interno inizia una scuola per operatori sanitari. Gli edifici vengono fabbricati dai Somali, con materiale del posto, adatti a quei climi e a quelle temperature: freschi anche senza condizionatore. Dietro alla costruzione di una nuova realtà africana il progettista e direttore dei lavori è Elio.

Dopo secoli di colonizzazione da parte delle nazioni industrializzate, a partire da una cinquantina di anni fa, molti hanno cominciato a pensare all'Africa come a un continente da salvare.

Gli sforzi maggiori sono stati fatti dall'ONU, ma spesso anche quelli hanno dato risultati modesti. L'errore è stato di tentare di "esportare" in Africa il nostro modo di pensare, il nostro modo di vivere, il nostro modo di costruire. Per fare un solo esempio, sono stati "regalati" edifici con finestre a doppi vetri! Dopo pochi anni tutti erano in rovina.

Water For Life ha già da trenta anni impostato il suo aiuto alla Somalia sul criterio della massima aderenza alle specificità, alle tradizioni, alle conoscenze, alle possibilità locali. L'agricoltura utilizza piante e colture adatte a quel clima, a quei terreni e a quell'acqua; non le colture imposte dalle multinazionali.

Oggi l’organizzazione sociale ad Ayuub è un modello di convivenza per tutta l'Africa. Cristiani e Mussulmani vivono nuovamente insieme in perfetta tolleranza come nei secoli passati; è stata spenta la zizzania seminata dalla ingordigia dei Paesi industrializzati.

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