Santi in cielo, Papi in terra

Una moltitudine proveniente da tutto il mondo per il Papa “del Concilio” e il Papa “della famiglia”. Presenti anche gruppi di trentini

“Beatos Joannem Vigesimum terzium et Joannem Paulum secundum sanctos esse decernimus et definimus…” sono le parole in latino pronunciate da Papa Francesco per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, risuonate su piazza San Pietro ed entrate nelle case di tutto il mondo domenica 27 aprile. Una formula antica per un apparato mediatico globale tra i più sofisticati. Francesco ha anche baciato le reliquie dei due nuovi santi: quelle di Giovanni Paolo II sono state portate sull'altare da Floribeth Mora Diaz, costaricana, una delle due donne miracolate da Wojtyla.

Lo stacco fra queste parole e l'omelia di Francesco è rappresentato dalle telecamere che indugiano sulla folla, puntando ben oltre il colonnato del Bernini su Via della Conciliazione, in un tripudio di bandiere e di gigantografie inneggianti ai due Papi. Mostrano gente assiepata anche nella rete di strade circostanti: una calca indescrivibile, apparentemente ben organizzata, supportata da un efficace servizio d'ordine.

Migliaia di persone hanno trascorso la notte in bianco pur di conquistare un posto in vista. Sui numeri dei pellegrini si va subito per difetto: 500-800 mila, 1 milione; una piccola goccia nel “mare magnum” la rappresentanza trentina, per l'organizzazione spontanea di qualche gruppo e parrocchia. 850 tra vescovi e cardinali, un centinaio di rappresentanti di vari Paesi dei cinque continenti, centinaia i diplomatici, oltre 2500 comunicatori dell'informazione, indefinito il numero di sacerdoti, religiose e religiosi.

Prima della cerimonia di canonizzazione Francesco ha salutato il suo predecessore, il Papa emerito Benedetto XVI, che aveva preso posto fra i cardinali, ripetendo il gesto anche alla fine.

Non c'è stata discontinuità nelle parole di Francesco. I due Papi santi “sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell'uomo e Signore della Storia – ha dichiarato soppesando le parole una ad una, mai distogliendosi dal testo scritto -; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria”. Il Vangelo della domenica richiamava l'apparizione di Gesù a Tommaso, incredulo, invitato a mettere il dito nelle ferite, piaghe che per Francesco risultano “scandalo per la fede”, ma anche “verifica della fede”.

“San Giovanni XXII e san Giovanni Paolo II – proseguiva il Papa – hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello, perchè in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia”. Sono parole plastiche, di semplicità evangelica nello stesso tempo, per definire quella santità precoce proclamata e additata al mondo come forme di testimonianza, di sequela.

Il Papa “buono” e il Papa “polacco” sullo stesso piedistallo, raffigurati assieme sulla facciata della Basilica di San Pietro, presenti nelle più varie icone nella case soprattutto della povera gente e in molte chiese e cappelle. Una “speranza” una “gioia” – le definisce ancora Francesco – che si “respiravano nella prima comunità dei credenti, a Gerusalemme, di cui ci parlano gli Atti degli Apostoli”, in una continuità dunque fra la Chiesa del terzo millennio e la comunità cristiana primitiva, una comunità “in cui si vive l'essenziale del Vangelo, vale a dire l'amore, la misericordia, in semplicità e fraternità”. Ed è un'immagine di Chiesa – ha aggiunto il Papa – che il Concilio ha tenuto davanti a sé. “Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Nella convocazione del Concilio san Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore”.

Nel servizio al popolo di Dio “san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia”, una realtà che induce Papa Francesco ad attualizzarne le problematiche ricordando il cammino sinodale “sulla famiglia e con le famiglie”, “un cammino che sicuramente dal cielo lui accompagna e sostiene”. E la prima richiesta di Papa Francesco ad “entrambi questi due nuovi santi Patroni del Popolo di Dio” è perché intercedano per la Chiesa affinchè, durante questi due anni di cammino “sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia” e “che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perchè sempre ama”.

Un ultimo saluto, al Regina Coeli, il Papa lo ha riservato ai pellegrini delle diocesi di Bergamo e di Cracovia che ha invitato “ad onorare la memoria dei due santi Papi seguendo fedelmente i loro insegnamenti”. Nè ha dimenticato quanti hanno consentito lo svolgimento delle “giornate memorabili”: la diocesi di Roma con il cardinal Vallini, il comune di Roma con il sindaco Ignazio Marino, le forze dell'ordine, organizzazioni e associazioni, i media e i volontari, tra i quali anche un nucleo trentino. La folla ha impiegato ore ed ore a dissolversi, data la possibilità di pregare sulle tombe dei due santi fino a notte. E in piazza San Pietro la folla è tornata anche lunedì.

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