Come si forma la grandine

Le conoscenze sul fenomeno grandinigeno hanno fatto progressi. Ma rimangono ancora lacune da colmare e forse non si arriverà a chiarirle in tempi brevi

Non è certo un bel vedere lo stato delle viti devastate dalla fortissima grandinata caduta il 24 giugno lungo una striscia che, partendo dall’altro della Destra Adige, è scesa verso Isera e ha poi proseguito il percorso verso Borgo Sacco investendo vigneti di varietà pregate. Bianchi in collina, Marzemino in fondovalle. La superficie interessata è limitata a 20 ettari. Ma gli effetti del violentissimo impatto non si fermano al mancato raccolto di quest’anno. Il tecnico della cantina Vivallis prevede che nella fase di potatura invernale si dovrà procedere ad una drastica capitozzatura per favorire il ricaccio, ma a scapito della vendemmia 2015.

Non meno distruttivi del buon senso, ma anche delle leggi vigenti e della encomiabile attività di promozione della difesa passiva (assicurazione) svolta dal 1975 ad oggi dal Codipra sono, a nostro avviso, le promesse di contributo e la richiesta di attivazione dello stato di calamità naturale avanzata da rappresentanti della politica provinciale. Le cantine sociali possono (potevano) stipulare una polizza a copertura del rischio di riduzione della quantità di uva conferita e gli associati, viticoltori a tempo parziale, avevano la possibilità di assicurare quantità e qualità della vendemmia con gli stessi oneri e diritti dei viticoltori professionali. Non si può più fare a meno dell’assicurazione. E’ la sola frase sensata che è stata pronunciata da uno dei politici che si è recato in zona per “portare conforto” ai sinistrati.

A questo punto riteniamo utile fornire ai lettori, agricoltori e non addetti, alcune informazioni sul meccanismo che regola la formazione della nubi temporalesche e della grandine.

Sono tratte da due articoli di Emanuele Eccel e Gianbattista Toller (Terra Trentina 7/2001) e di Emanuele Eccel e Andrea Piazza (Terra Trentina 6/2005). I primi due lavorano alla Fondazione Edmund Mach di S. Michele. Andrea Piazza è passato da S. Michele a Meteotrentino a scavalco del secolo e ci ha anche fornito una documentazione sul radar del monte Macaion (Trento/Bolzano) che riprenderemo in un prossimo articolo.

Il temporale un fenomeno connettivo. La formazione della nube temporalesca (cumulonembo) è conseguenza di un fenomeno di convezione, ossia del trasporto verso l’alto dell’aria presente al suolo. Poiché la risalita dell’aria implica un abbassamento della pressione e di conseguenza un’ espansione dell’aria risalente, la temperatura dell’aria si abbassa e l’umidità in essa contenuta fa condensa, dando luogo alla nube. I cumulo nembi sono pertanto nubi a forte sviluppo verticale che hanno la base a quota bassa, ma l’estremità a quota elevata, da 8 mila a 11 mila metri.

Sono formati da diversi elementi torreggianti che indicano le singole correnti termiche verticali che ne sono alle origini. I temporali sono potenzialmente tanto più pericolosi e violenti quanto più alte sono le temperature e l’umidità degli strati bassi dell’atmosfera. La situazione più pericolosa si ha dopo un periodo prolungato di bel tempo che ha permesso di raggiungere temperature elevate e ristagno di umidità negli strati bassi. Un temporale per quanto intenso, non comporta comunque automaticamente la caduta di grandine. Si intende con grandine una precipitazione in forma ghiacciata con chicchi che per definizione hanno un diametro pari ad almeno 5 mm.. La formazione e la crescita del chicco avvengono grazie al forte moto verticale che si verifica in seno alla nube temporalesca. Il chicco formatosi nella parte alta della nube cade fino a quando non incontra una corrente ascensionale che lo riporta in quota. Il moto alternativo verso l’alto e verso il basso prosegue fin tanto che il chicco si è ingrossato in modo tale che non può essere trattenuto dentro la nube. La caduta di grandine è fortemente disomogenea; si verificano spesso strisce di aria colpita di larghezza tipica di poche centinaia di metri. La formazione della grandine interessa solo una parte della nube. Per questo l’aria colpita da una grandinata di solito è limitata a qualche chilometro quadrato (un chilometro quadrato è pari a 100 ettari).

In passato l’uomo ha tentato di interferire nel meccanismo di formazione della grandine con diversi mezzi: razzi esplodenti, canoni ad onda d’urto, sostanze nucleanti immesse nella nube inviate da terra o diffuse con mezzo aereo. Il principio fisico non è sbagliato. Difficile, per non dire impossibile è raggiungere il punto giusto della nube che al suo interno e dall’alto in basso si muove assai vorticosamente.

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