Africa in vendita

Gli investitori stranieri comprano ristoranti, resort, case. Ma anche terre e spiagge

Africa in vendita. Porzioni consistenti d’Africa, per lo meno. Al miglior offerente. E’ quello che sta succedendo a Capo Verde, un pulviscolo di isole nell’Atlantico di fronte al Senegal. Se altrove imperversa il land grabbing, un selvaggio accaparramento delle terre, migliaia di ettari che la Cina arraffa per quattro soldi, qui, a Capo Verde, Eden del turismo low cost, capita che gli investitori stranieri stiano facendo shopping a buon prezzo di tutto: ristoranti, resort, case di ogni tipologia e per tutti i gusti. E, appunto, terra. Soprattutto spiagge, arenili, battigia compresa. Un boom edilizio che ricorda quello italiano degli anni Sessanta con la crescita di interi quartieri dormitorio (il “sacco” di Roma o quello di Palermo nell’epoca Ciancimino). Si comprano scorci di spiagge e di coste che per essere a 6 ore di volo dall’Italia si rivelano un autentico affare: per sole poche decine di migliaia di euro.

Italiani, ma non solo: anche inglesi, portoghesi e ungheresi e molto spesso per nulla rispettosi dell’ambiente che trovano, si muovono con passi d’elefante, con la tracotanza di chi sa che con i soldi tutto è permesso, per niente interessati ad esempio dei resti del passato coloniale portoghese o del triste mercato degli schiavi africani che da lì vicino partivano – stipati come bestie – per le rotte transoceaniche. E così quella che fino a qualche decennio fa – almeno nel breve periodo post-coloniale – era una vita scandita dai ritmi del mare con i pescatori impegnati nella loro quotidiana fatica è diventata una realtà del tutto diversa. Gli abitanti originari – neanche mezzo milione – ospiti sopportati e servi sfruttati, a casa loro.

Con i pescatori che di pesce ne pescano sempre meno (quel poco lasciato dopo che sono transitati i giganti del mare che al largo hanno fatto razzia di tutto); con molta gente del posto impegnata a raccogliere sabbia per le costruzioni; con molti piccoli proprietari che per pochi denari svendono i loro terreni e le aree adiacenti le spiagge.

I capoverdiani stentano a riconoscersi, non si riconoscono più abitanti delle loro isole. Sono costretti ad emigrare, stranieri in patria in quel simbolico pendolo – le loro isole – tra Africa e Lusitania!

C’è un bel libro di Marco Boccitto che racconta questo piccolo arcipelago a partire dalla sua musica. In “Capo Verde un luogo a parte” (Exorma ed.) si racconta non solo della grande tradizione musicale della decade di isole cui ha fatto da megafono in tutto il mondo la voce di Cesària Evora, ma anche della storia dell’arcipelago a partire dai viaggi senza ritorno degli schiavi verso le Americhe fino alle tante migrazioni che si sono susseguite nei secoli e si evince di una parentela stretta, non voluta ma subita, con la tradizione coloniale portoghese e si racconta della “sodade” parente stretta della “saudade” che si respira nella terra di Fernando Pessoa, un “meticciato” frutto di una commistione di tradizioni e valori tra Africa, Brasile e penisola iberica. Per dire della fatica quotidiana delle donne e degli uomini, dello sfruttamento e dell’oppressione che caratterizza le loro relazioni, e però anche dell’anelito insito in tutti a migliorare le condizioni proprie e quelle dei propri simili.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina