La sfida del larice

C'è un larice asfittico, abbarbicato alla roccia, come una pianta rampicante, sopra la forra del Sarca nei pressi del Ponte delle Cambiali, a due passi dal rifugio Bedole, dapprima inserito nell'elenco degli alberi monumentali del parco Adamello Brenta e poi tolto nel 2007. È sopravvissuto miracolosamente alle intemperie anche lo scorso inverno. Sembra quasi che se la rida, se non fosse che se ne deve stare in una posizione tutt'altro che comoda, con la corteccia corrugata per la paura vista la profondità della forra scavata nei secoli dalle acque del Sarca, particolarmente impetuose durante il disgelo e in queste settimane di pioggia incessante. Una valanga staccatasi subito dopo l'uscita verso il basso della profonda gola, durante i mesi invernali, ha portato a valle alberi giganteschi, mughi e cespugli, spazzolando la montagna come una coltre. Ma il piccolo larice che di anni ne ha la sua parte, è rimasto al suo posto.

È il punto di riferimento per i frequentatori abituali della zona che non disdegnano un saluto alla conifera e ad Adamello Collini al rifugio. La sua vita è legata ai leggendari racconti della passerella in legno che permette di superare il burrone, chiamata “Ponte delle Cambiali”. La fantasia popolare si è sbizzarrita a cercare l'aggancio storico con questo nome. C'è chi dice che sia legato ad un montanaro oberato di debiti che si è buttato giù cento e più anni fa. I montanari erano poveri, e le cambiali si prestavano quali mezzi bancari più che altro dei ricchi, ieri come oggi. L'interpretazione regge poco. E allora la versione cambia. Il manufatto sarebbe stato costruito sottoscrivendo titoli di credito per ottenere un prestito in denaro necessario per l'acquisto del materiale e la messa in opera. Può essere. C'è infine un ultima lettura, forse la più verosimile: il manufatto sarebbe stato costruito dai soliti volontari un po' burloni di paese (Strembo), allevatori e cacciatori, per poter passare da una parte all'altra della valle anche nei momenti di piena del Sarca; avrebbero utilizzato tronchi e assi, guarda caso proprio di larice, messi a disposizione dal comune, e circa le forme di pagamento avrebbero indicato, raccontando in osteria ironicamente le fasi della realizzazione fra un bicchiere e l'altro, di aver firmato molte cambiali in bianco. Il “laricino” sembra non crescere mai. Desta curiosità la sua posizione in bilico sul precipizio.

Le radici non affondano nel terreno, ma paiono addentrarsi in piccole crepe della parete granitica dove forse si depositano residui portati dal vento, tenuti vitali dal pulviscolo acqueo che arriva dal basso con l'infrangersi della massa d'acqua contro le rocce.

Agli estranei può dire poco o nulla, anche perchè nella spianata di Bédole, dirimpetto alla alla malga c'è un altro larice fratello, gigante, quello sì iscritto quale unico esemplare nell'elenco degli alberi monumentali della Provincia, una meta forse più appetibili. Lo si scorge da lontano. Si confonde nel maestoso lariceto selvaggio che si spinge in basso seguendo il tortuoso percorso del torrente. Anche intorno a lui sono sorti racconti popolari con Luigi Fantoma, il “re” della Val di Genova, cacciatore di orsi, grande protagonista, sia come seguace di Diana che come guida dei primi turisti sulle crone e sui picchi della Val di Genova: un larice decantato dai poeti, rappresentato in mille forme dagli artisti. Anche fra i larici una storia che ripropone il racconto di Davide contro Golia.

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