Il prete “eremita” fra i poveri del Ciad

Don Guido Piva in due parrocchie gestite dalla diocesi in collaborazione con la Chiesa africana in una povertà congenita

Don Guido Piva, 65 anni, ha fatto ritorno nella sua missione di Gagal e Keuni nel Ciad, dopo un periodo di vacanza in Trentino dove ha incontrato i suoi ex parrocchiani degli altopiani di Lavarone e Luserna e i molti sostenitori dell'attività in terra africana.

“Ogni anno torno – ci racconta – per riallacciare i rapporti con i molti sostenitori. Senza il loro aiuto saremo alla fame. Li ho incontrati singolarmente e a gruppi durante la celebrazione della messa”. Il plurale maiestatico “ci aiutano” è per sottolineare la condivisione dell'opera missionaria con un altro trentino, don Costantino Malcotti, 44 anni di Storo, già parroco di Caoria nel Vanoi.

Entrambi hanno risposto volontariamente all'appello della diocesi di Trento assuntasi l'onere della guida dei due centri di Gagal e Keuni, in condivisione con il vescovo locale. Erano stati preceduti da un manipolo di altri pret: don Ruggero Fattor, Davide Corradini, Carlo Mottes, Gianni Damolin, Carlo Speccher, Carlo Crepaz. Il vescovo un anno e mezzo fa aveva visitato le due parrocchie che si articolano in più di una ventina di comunità. I cristiani rappresentano circa il 48% della popolazione a maggioranza musulmana con una discreta presenza di animisti. Il Ciad colonia francese ha avuto una vita assai tormentata dopo l'indipendenza con guerre interne tra clan e esterne con i Paesi confinanti (Libia, Sudan, Camerun, Nigerie e Niger e Centrafica.

La situazione attuale è relativamente tranquilla. Tra le difficoltà evidenziate da don Guido, la questione della lingua. In Ciad si parla il francese, ma più ancora l'arabo. Tutti gli incontri conseguentemente con la gente avvengono dando per scontata la presenza di un interprete in quanto nel Paese si parlano su una popolazione di 12 milioni di abitanti, 200 dialetti, moltissimi nel solo territorio di pertinenza. “Non è facile dunque comunicare. Né abbiamo il tempo di fermarci per imparare i dialetti”. Don Piva ammette qualche fatica in più anche per acquisire correttamente la parlata in francese, nonostante un soggiorno preparatorio in Belgio forse per questioni di età, ma anche di scelta di vita.

A Luserna era conosciuto come il “parroco eremita”, poiché era solito ritirarsi in un'antica oselera a pregare e meditare. Il pick-up consente ai due missionari la visita alle comunità distanti anche 60 chilometri l'una dall'altra, sia per l'attività di catechesi che per le liturgie garantite una volta al mese. Prima della Messa fuori della chiesa restano in attesa della confessione quasi sempre più di 200 persone. “Quattro giorni su sette sono fuori sede per il servizio pastorale” dice Piva. Malattie come la malaria (“che ho ciapà en mucio de volte”), l'Aids ed altre di cui non si conoscono le cause, con la complicità anche del ruolo di guaritori e stregoni, rappresentano delle autentiche calamità, insieme a quelle naturali come la siccità che riduce in miseria i contadini, soprattutto pastori e allevatori. Nel piazzale della canonica è stato costruito un pozzo di acqua purissimadistribuita a tutta la gente in quanto allo scavo ha contribuito anche il governo. L'impianto è frequentemente danneggiato da atti vandalici di quanti non vogliono rispettare le regole per l'approvvigionamento.

“I mòre zo come le mosche” è l'intercalare amaro in dialetto di don Guido. In quel momento a preoccupare non c'era ancora ebola, epidemia esplosa improvvisamente, ma che dall'inizio dell'anno ha provocato oltre 1400 morti in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone. E' ancora sotto controllo, in isolamento in Turchia, una giovane italiana di ritorno proprio dal Ciad. E' morto invece uno dei tre medici africani in cura con il siero sperimentale Zmapp. L'eta media in Ciad non raggiunge i 30 anni. Quella che sta crescendo, a detta di don Guido, è una Chiesa al femminile. Il rapporto fra i battezzati è di 3 maschi su 12 donne. I matrimoni religiosi si fanno sempre più rari per il problema della povertà e quindi del pagamento della dote da parte dei futuri mariti: aumentano così convivenze e abbandoni.

Faticoso è anche il cammino dell'ecumenismo con le altre realtà cristiane sul territorio. L'aiuto dei trentini, nell'area di Malcotti e Piva, alleggerisce la condizione di difficoltà economica personale che conta ormai esclusivamente sull'intervento della diocesi, come per gli altri parroci, favorendo la realizzazione di piccoli progetti mirati in campo sanitario e scolastico, soprattutto. Il rientro di don Piva è previsto per il 2015-2016, ma il Centro Mssionario diocesano si propone – anche se non è facile – di trovare un sacerdote disponibile ben prima di quella data per rafforzare quest'avamposto di frontiera.

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