Nella fragilità, la forza

Si è conclusa la settimana di sensibilizzazione sulle malattie legate all’Alzheimer

A conclusione della settimana di sensibilizzazione sulle malattie legate all’Alzheimer che vedono coinvolte circa 1 milione di persone in Italia e 7 mila in Trentino, si è svolto la scorsa settimana un incontro moderato dal giornalista Fulvio Gardumi con la partecipazione del dottor Fabio Cembrani e del filosofo Marcello Farina, sul tema del “valore della fragilità”.

Don Marcello Farina, con il consueto acume e la solita chiarezza, ha illustrato quelli che secondo lui sono alcuni passaggi fondamentali non solo nell’etica dell’accompagnamento delle persona affetta da demenza, ma più in generale come portato della nostra cultura nell’alveo della società attuale. Diverse cose non potranno mai più tornare: l’infanzia, certe speranze, i morti. Le gioie della vita partono, ma rimane una scia che può addolcire il cammino. Le fragilità contemporanee danno un senso di debolezza che incrina ottimismi troppo facili e sono le povertà, lo squilibrio ecologico, le relazioni instabili, il lavoro che manca. Eppure – dice Farina – allontaniamo la dimensione debole dell’esistenza perché quello che emerge e vince è il rapporto calcolante e manageriale con la vita e gli altri. Non è facile accettare la fragilità dell’esistenza se lo scenario che domina è quello dell’homo oeconomicus del successo e della fretta in cui si assiste alla “morte del prossimo” (Luigi Zoja). Occorre invece ritrovare l’equilibrio tra la ricerca di sé e il dono di sé. La realtà vera dell’uomo è la debolezza e non la forza. E citando Ricoeur: “il sé è come un altro”. Ecco che allora per don Marcello di fronte alla demenza che non concede tregua serve rispondere con un’alleanza terapeutica che aiuti da deboli a deboli. E’ questa la “ragione materna” (Maria Zambrano) e non la ragione calcolante.

Per entrare nella vita serve rispetto e cura per gli altri e per le cose. Quello che Romano Guardini chiamava “avere riguardo”, nutrire amore per la semplicità, questa smisurata ricche Non è facile accettare la fragilità dell’esistenza zza. E se la demenza disintegra la personalità (“Non è più lui – si osserva spesso da parte La realtà vera dell’uomo è la debolezza dei parenti – è un’altra persona!”), la cura diventa la strada per l’avvicinamento e il contatto. Il valore dello sguardo – è stato detto – che spesso si rivela il primo approccio che collega e lega anche in questa vita post-personale. Da questo occorre ripartire anche perché le famiglie si sentano meno sole.

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