I martiri trentini del ’44

Clorinda Menguzzato, dopo essere stata torturata perché facesse il nome dei compagni di Resistenza, viene uccisa nei primi giorni di ottobre del ’44 sul ciglio della strada che da Castello Tesino porta a Pieve Tesino. Avrebbe compiuto dopo 3 giorni i suoi vent’anni pieni di speranze. Da poco tempo è stata posta una lapide e chi passa ha occasione di ricordare.

Qualche mese prima, in luglio, era stato il conte Giannantonio Manci a gettarsi dal terzo piano di un palazzo di Bolzano, per non rivelare sotto tortura il nome dei suoi amici di lotta e cospirazione. Via Manci, a Trento, è una strada del centro storico tra le più frequentate: chissà se i giovani sanno chi era Manci.

Renato Ballardini, oggi anziano avvocato rivano, ricorda sempre che suo padre, Remo Ballardini, gli ha dato la vita una seconda volta quando preferì subire le percosse degli aguzzini – in conseguenza delle quali di lì a poco morirà – piuttosto che dire dove si nascondeva il figlio insieme ad altri antifascisti nella zona di Riva del Garda.

Ancilla Marighetto, diciottenne, verrà massacrata qualche mese dopo, verso la fine dell’inverno, nel febbraio 1945, quando ormai mancavano poche settimane al termine della guerra.

E che dire di don Narciso Sordo, prete da sempre antifascista, insegnante all’Arcivescovile, che al paese natio dov’era sfollato nei mesi più duri dei bombardamenti aveva fatto nascere una piccola scuola popolare, morto nel lager di Mauthausen dopo le percosse subite dagli aguzzini del campo e che fino all’ultimo rincuorava, forte e mite nella sua fede, i compagni di prigionia?

Quando si ha occasione di parlarne nelle aule scolastiche, quando si invita qualcuno che quei terribili momenti in qualche maniera ha vissuto – e ormai sono pochissimi- si nota nelle ragazze e nei ragazzi un silenzio attento e accogliente, partecipe, segno che è in quei frangenti che si manifestava davvero in modo sublime la grandezza e la bellezza dell’animo umano, capace di dedizione e di amore.

A cent’anni dalla Grande Guerra e a 70 anni dai momenti più cruenti e bui della Resistenza – come osservava don Dossetti – “occorre proporsi di conservare una coscienza non solo lucida, ma vigile, capace di opporsi ad ogni inizio di ‘sistema di male’ finché ci sia tempo”.

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