“La missione è sempre fuori…”

Il grande pericolo di ogni chiesa, anche in Africa, è quello di ripiegarsi su se stessa

Camminare, uscire, incontrare fa bene al corpo e all’anima! Uno spot pubblicitario? No! Solo la dimensione missionaria che dovrebbe abitarci tutti! E’ anche il programma del prossimo convegno missionario nazionale in novembre a Roma.

Pure papa Francesco ci invita a “Uscire dalla nostra comodità per raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (Evangelii Gaudium 20). “Uscire verso l’umanità… e la Chiesa è nata in uscita”.

La missione non è attorno al campanile, è sempre fuori della nostra cerchia, è sempre “gli altri”.

Il grande pericolo di ogni chiesa, anche in Africa, è quello di ripiegarsi su se stessa, di mantenere e gestire quanto si ha per quelli che ci sono ancora. Vedi l’ordine del giorno dei nostri consigli pastorali, quasi mai la voce “gli altri”. Per non parlare delle nostre liturgie che spesso gratificano solo quelli che le fanno, e qualcuno si chiede se noi, sacerdoti e responsabili, siamo i ministri del culto, o non facciamo piuttosto il culto dei ministri. Se la liturgia non ci manda in missione rischia di essere vuota e formale. Quante sferzate Gesù ha dato in questo senso agli scribi ed ai farisei!

Un giorno, mentre parlavo della mia missione e di quella che viene a noi, mi son sentito dire: “Ma alora sta chi! Prest non gaven pù nanca ‘n pret per dirne la mesa no! Tanto, lagiò che cambia po’? I ven tuti quasù! E po’, pensa anca per ti, ai ani che gas!”. Il discorso fila, ma ho risposto, ed anche Gesù avrebbe detto la stessa cosa: “Voi avete la legge ed i profeti”. Ed aggiungerei che ogni volta che vengo in Italia vedo quant’è bella e quant’è bello vivere, dove tutto funziona. Non ci accorgiamo di vivere in un paradiso terrestre, anche se i problemi non mancano. Meno male! Ma se non viviamo come Suoi figli e quindi fratelli, saremo sfasati, dei non riusciti, non identificati, sradicati; mentre, più le radici sono profonde e più l’albero cresce e da frutti.

Se parto ancora – e, quasi temerario, son voluto ripartire da zero in Ciad dopo le mie 70 primavere – non è per il mal d’Africa; qui si vivrebbe dieci volte meglio. Parto perché c’è una vocazione e la gioia nel viverla. Parto perché partirebbe anche Lui come ha sempre fatto: verso i più bisognosi, i più poveri, gli impoveriti, i nuovi crocifissi della storia. Verso quelli che non conoscono “la gioia del Vangelo”.

Concretamente, mi è stata affidata la ristrutturazione della radio Arcobaleno e il centro mass media della diocesi di N’Djamena, la capitale. Con un progetto, sponsorizzato anche dalla Provincia Autonoma di Trento, stiamo ristrutturando il tutto: casa (500 mq) rimessa a nuovo, apparecchiature, sistema di diffusione, generatore di corrente, traliccio, nuova equipe di giornalisti, animatori, tecnici, ecc…

A pieno ritmo la radio diffonderà per 20 ore al giorno; in più prepareremo 3 programmi settimanali per la radio nazionale e due per la TV nazionale. Un programma affascinante e di grande impatto sulla gente che ci segue passo passo e attende; siamo già a buon punto.

I contenuti, visto che la città è composta da circa un milione e mezzo di mussulmani e cristiani, punteranno sulla convivenza e sul rispetto reciproco (la paura di Boko Haram è grande), ma anche sul conoscere per far capire, sullo sviluppo, la salute, l’istruzione, ecc.

La domenica invece vado a celebrare in un grosso centro fuori della città. Mi porto il necessario per la messa perché non c’è nulla, solo una tettoia per ripararsi dal sole – da gennaio a luglio si sfiorano anche i 50 gradi all’ombra – ma è bellissimo vedere come questa comunità che si sta costituendo ascolta la Parola di Dio. E’ il momento più gratificante della settimana. Sicuro che questo seme darà i suoi frutti.

padre Luigi Moser

missionario comboniano a N’Djamena (Ciad)

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