Per saper accompagnare serve un approccio “globale”

Il camilliano padre Brusco: “Bisognerebbe saper abbinare l'assistenza medica a un sostegno psicologico e ad una condivisione umana e spirituale, se richiesta”

Perché l'uomo contemporaneo ha tanta paura della morte e quale è il modo migliore di accompagnare una persona lungo l'ultimo tratto della sua esistenza? Poggiava su queste domande decisive mercoledì scorso l'appuntamento dal titolo “Accompagnamento del morente ed elaborazione del lutto. Relazione in prospettiva psicologico-relazionale: atteggiamenti da evitare e comportamenti da coltivare”, secondo momento del ciclo “La vita non è tolta, ma trasformata” promosso dalla Consulta diocesana per la Pastorale della Salute all'Oratorio del Duomo.

Il relatore padre Angelo Brusco, psicologo e direttore del Centro Camilliano di Formazione in Verona ha esordito osservando che l’essere umano  può essere spaventato dalla morte perché coltiva dentro di sé il desiderio inconscio dell’immortalità e perché il termine dell’esistenza – in una visione efficientista – potrebbe costituire un fallimento per il medico e per il personale infermieristico che vedono le loro cure inefficaci. Spesso anche l’assistente spirituale risulta in difficoltà davanti ai mille perché esistenziali della persona morente. Un tempo si moriva in famiglia, tra l’abbraccio dei propri cari. Oggi invece molti malati trascorrono gli ultimi giorni nelle strutture sociosanitarie. Allora dobbiamo recuperare familiarità con la nostra dimensione mortale e i distacchi, le partenze di chi amiamo servono a questo. Ma sapere che la vita finisce – ricordava padre Brusco – serve a farcela sentire ancora più preziosa.

Molte preziose e “vissute” le indicazioni sull'accompagnamento: per essere utili al fianco dei malati terminali parenti e personale di assistenza devono privilegiare un approccio globale che unisca l'assistenza medica a un sostegno psicologico, a una condivisione umana e spirituale, se richiesta. Così diventa importante aiutare il paziente ad attivare le risorse psichiche e morali nascoste dentro di sé: una cura possibile con credenti e non, facendo capire che si resta importanti anche da non sani.

Padre Brusco ricorda poi che, pur con estrema delicatezza, è importante non mentire sulla diagnosi, specialmente se l'interessato la richiede, permettendogli anche di ringraziare chi gli ha voluto bene, di riappacificarsi con tutti e spesso anche con Dio.

Varie domande dalla sala, raccolte dalla moderatrice Antonella Carlin, redattrice di radio Trentino inBlu, hanno consentito di sviluppare altre problematiche legate a questi momenti: ad esempio, come possono gli adulti aiutare bambini e adolescenti a superare un lutto di un loro coetaneo, per esempio? “Dipende molto dall'età – osserva il relatore – in quanto bambini e adolescenti vivono la morte in modo diverso. Ma in ogni caso devono esprimere liberamente le loro emozioni, senza affidare il loro dolore ai social network, dove non trovano alcun aiuto”.

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