Dagli anni del Concilio

(Domenica scorsa ricollocato in Santa Maria Maggiore l'antico crocifisso della seconda metà del Quattrocento. C'è l'ipotesi che abbia assistito alle sedute conciliari ]

“Il nostro è un Re che regna dalla croce” ha sottolineato nella solennità di Cristo Re, il parroco di Santa Maria don Luigi Facchinelli, orientando la meditazione della Parola domenicale sull'eloquente crocifisso collocato davanti al presbiterio. Un legno ricco di storia e di devozione.

Riferibile alla scuola gotica tedesca e databile alla seconda metà del Quattrocento è l’unica opera d’arte appartenuta alla fabbrica medioevale ancora presente nell’aula della basilica, “madre” di tutte le chiese trentine. Era collocato nel secondo altare di sinistra fin dal 1842 (in precedenza forse in una cappella laterale) ma il degrado del tempo l’aveva annerito e reso “illeggibile”. A completamento dei recenti lavori di rinnovo della basilica di Santa Maria, la parrocchia ha ottenuto un intervento di restauro finanziato dalla Sovrintendenza per i Beni Culturali della Provincia e dalla famiglia Marinella e Paolo Dal Rì. Il crocifisso alto 140 centimetri, vincolato ad una croce nera di epoca successiva, è stato così preso in cura dalla ditta di restauro “Enrica Vinante” che ne ha studiato il precario stato di conservazione e le proprietà artistiche: “Il corpo è contratto ancora dalla sofferenza e lo scultore per sottolinearlo ha rilevato attentamente le ossa sotto la pelle tirata – scrive la restauratrice Marika Nicolussi Moz – e la tragicità è accentuata dalla venatura (realizzata con un filato di canapa, n.d.r.) parzialmente in rilievo”.

I numerosi parrocchiani in Santa Maria domenica mattina hanno ritrovato un Cristo diverso, risultato del meticoloso restauro. La pulitura ha riportato la policromia originale e consente di apprezzare i particolari del viso e cogliere la bordatura a foglia d'oro del perizoma rivelatasi a sorpresa.

Consolidato e ritoccato, fino al trattamento finale con vaporizzazione di vernice opaca, il crocifisso ha ricevuto l’omaggio dei fedeli, riconoscenti per questa restituzione di un’opera che ci riannoda col filo della fede ad un periodo storico importante. Gli Atti Visitali del 1596 legittimano anche l’ipotesi che il crocifisso sia stato collocato in precedenza nel presbiterio e rendono quindi ancora più interessanti le notizie riferite dallo storico parroco Gian Battista Zanella nel 1842, in occasione di un altro restauro che aveva interessato quest’opera in legno di tiglio: “Ci è cara la grande immagine in legno del Crocifisso – scriveva Zanella – dalla quale traevano l’ispirazione i Padri

conciliari] nelle sacre loro assemblee [tenutesi in Santa Maria]. Si tenne fin da que’ giorni in somma venerazione, e fu solo nei primi anni di questo secolo [il XIX

, che tolto di chiesa per salvarlo a’ guasti minacciati al rifarsi della volta e alla rinnovazione dell’altare, presso il quale posto fu, come avviene di sovente anche delle cose stimate, per qualche anno dimenticato. Ma in quel lasso di tempo la ricordanza non potea cancellarsi, e a ravvivarla fu rimesso alla prima, forse più tenera e sentita venerazione, nella Domenica Gaudente del 1842″.

Qui si fonda l'ipotesi che questo crocifisso – ora ritornato da un nuovo restauro – abbia assistito da testimone muto agli eventi conciliari tenutisi in Santa Maria (1545-1563). E' meno noto del crocifisso del Duomo custodito nella Cappella Alberti, ma meritevole comunque di ritrovare i colori voluti dal suo autore e di richiamarci oggi quella “somma venerazione” di cui scrisse il parroco Zanella.

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