Presenza profetica

Il consacrato è memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù. Mentre cerca la santità per se stesso, propone una “terapia spirituale” per l’umanità

L'anno della vita consacrata, inaugurato da Papa Francesco domenica scorsa (vedi riquadro a lato), è un’occasione perché i consacrati vivano con maggior consapevolezza e rinnovata speranza il dono che hanno ricevuto attraverso la vocazione, ma anche perché la Chiesa intera si renda sempre più attenta alla presenza, alla testimonianza e all’apporto della vita consacrata nei vari contesti in cui è presente ed opera.

I professori dello STAT (Studio Teologico Accademico Tridentino) hanno cercato di cogliere questa occasione creando un momento di approfondimento e di confronto riguardante l’identità e la collocazione dei consacrati all’interno della Chiesa, a partire dai documenti del magistero e dagli stimoli che giungono in preparazione all’anno speciale che sta per iniziare.

Come si colloca la vita consacrata all’interno della Chiesa? Qual è il suo proprium? In che rapporto si trova con gli altri stati di vita?

Il decreto conciliare Lumen Gentium afferma che la vita consacrata non riguarda la struttura gerarchica della chiesa, ma appartiene (pertinet) indiscutibilmente alla sua vita e santità (LG 44). L’Esortazione postsinodale Vita Consacrata (VC) al numero 29 dichiara: «La vita consacrata, presente fin dagli inizi, non potrà mai mancare alla chiesa come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura» e la convinzione di una “necessità” della vita consacrata all’interno della Chiesa è stata ribadita anche dagli ultimi pontefici: «la vita consacrata non potrà mai mancare né morire nella Chiesa: fu voluta da Gesù stesso come porzione irremovibile della sua Chiesa» (Benedetto XVI ai vescovi brasiliani, novembre 2010).

Questo perché alla base della vita consacrata c’è la conformazione a Cristo; il consacrato è memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù, che visse casto, povero e obbediente; con la professione dei voti appartiene a Dio in modo pieno ed esclusivo, lo dichiara come l’unico tesoro per cui vendere tutto e può dunque offrire una testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Si parla a riguardo di una “nuova e speciale consacrazione” (VC 31), che non è una conseguenza necessaria rispetto a quella battesimale, ma un suo “singolare e fecondo approfondimento” (VC 29) perché più compiutamente esprime e realizza attraverso la professione dei consigli evangelici la conformazione a Cristo iniziata col Battesimo. Tutti i fedeli condividono una comune dignità, ma lo Spirito dona diversi carismi e ministeri; tutte le vocazioni sono manifestazione dell'unico mistero di Cristo, ma «i laici hanno come caratteristica peculiare, anche se non esclusiva, la secolarità, i pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a Cristo vergine, povero, obbediente» (VC 31).

I tre voti di castità, povertà e obbedienza sono dunque assunti dal consacrato come mezzo per una più fedele e manifesta conformazione a Cristo, ma se per secoli è stato accentuato il loro carattere negativo di rinuncia, ora vengono riletti anche in chiave affermativa, in relazione al modo con cui Cristo li ha vissuti e come istanza profetica e segno per l’umanità di oggi. Per questo si sottolinea il valore positivo del bene a cui si rinuncia (LG 46), la forza conformativa a Cristo, la pertinenza antropologica ma anche sociale ed escatologica dei consigli evangelici e quindi dell’intera vita del consacrato che, mentre cerca la santità per se stesso, propone una “terapia spirituale” per l’umanità, perché rifiuta la cultura edonistica (castità), il materialismo avido di possesso (povertà), le concezioni della libertà che la sottraggono dal rapporto con la verità e con la norma morale (obbedienza). Accanto ai tre voti ha valore fondamentale la vita fraterna, che si pone come segno profetico ed escatologico, luogo teologale della presenza del Risorto e dove si coltivano i valori dell’incontro, dell’accoglienza, del perdono e del discernimento comunitario.

La dimensione del profetismo è stata accentuata negli ultimi anni (cf. VC 84-95) ed è uno dei cardini dell’annuncio di papa Francesco. I consacrati sono profezia perché richiamano agli uomini del nostro tempo l’esigenza di scommettere tutto sul vangelo; perché chiamati ogni giorno ad ascoltare Dio con attenzione per nutrire se stessi e gli altri con la sua parola ed essere così uomini di speranza; perché annunciano i beni futuri custodendo un’assenza, un desiderio, un’attesa che si esprime concretamente nella vita dei consigli evangelici. Sono inoltre profezia con la loro vita fraterna, intergenerazionale e interculturale, e con la loro missione specifica verso le frontiere dell’oggi. Vangelo, profezia, speranza sono le 3 parole chiave scelte per quest’anno che si apre e alla profezia è dedicato l’ultimo documento ai consacrati e consacrate intitolato significativamente Scrutate.

La vita consacrata ha infine uno dei suoi punti di forza nella sua dimensione carismatica. Lo Spirito Santo, mentre configura a Cristo vergine, povero e obbediente, configura anche a uno dei misteri o attività e modi di essere di Cristo. Di qui l’invito alla riscoperta del carisma del fondatore, a tornare a esso con “fedeltà creativa”, perché ciascun carisma è dato per il bene della chiesa, fonda la missione specifica e la spiritualità dell’istituto. La prima missione rimane la conformazione a Cristo, tutto dedito al Padre e tutto dedito ai fratelli, quindi l’essere dei consacrati, qualsiasi sia l’attività che compiono. Possa la Chiesa tutta in questo anno conoscere e promuovere sempre più questa presenza, perché la vita consacrata non si limiti ad essere solo una “risorsa” nella chiesa, ma una presenza profetica e la testimonianza di una vita che mette Gesù al centro e che da questo fa scaturire la sua risposta alle nuove esigenze del mondo.

Suor Chiara Curzel

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