Stava, memoria e rinascita

Cerimonia religiosa e civile e un concerto in memoria delle vittime di Stava nel trentesimo anniversario della tragedia

"Questi alberi hanno visto i loro compagni abbattuti e poi travolti dal fango. Hanno visto uomini arroganti piegarsi a logiche di profitto pur sapendo di aver costruito male e nel posto meno idoneo e tecnici qualificati che hanno tradito la loro professionalità, redigendo relazioni tranquillizzanti. Siamo qui per ricordare chi non c'è più e quanto è importante il rispetto della natura e la cura di ciò che a volte diamo per scontato". È il messaggio affidato alle note di "Souvenir d'un lieu cher" – concerto in ricordo di un luogo caro – che si sono diffuse domenica 19 luglio nei prati di Pozzole a racchiudere in sé il senso profondo della giornata in cui ricorrevano i 30 anni dalla tragedia di Stava.

L'area che fu teatro di un disastro prevedibile ha ospitato l'omaggio musicale promosso dall'Associazione 19 luglio val di Stava e organizzato dalla Provincia autonoma di Trento e dal Comune di Tesero in collaborazione con la Fondazione Stava 1985 onlus in onore delle 268 persone che persero la vita in seguito alla colata di fango abbattutasi sulla val di Stava dopo il crollo dei bacini di decantazione della miniera Prestavel.

Un concerto intenso ed emozionante per chi, nel giorno dedicato alla commemorazione della catastrofe, dopo la Santa Messa di suffragio presieduta dall'arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, nella chiesa parrocchiale di Tesero (vedi riquadro) e il momento del ricordo da parte delle autorità civili nell'edificio polifunzionale in piazza 19 luglio a Stava, ha raggiunto nel pomeriggio i prati dove erano stati costruiti i bacini.

Lì le parole si sono intrecciate alla musica struggente del violino di Ilya Grubert, accompagnato dall'ensemble i Virtuosi Italiani diretti da Alberto Martini e poi alle sonorità jazz di Gianluigi Trovesi ed è risuonato ancora l'appello al rispetto del territorio, il richiamo alla responsabilità civile, alla prudenza e al rispetto delle regole nello sfruttamento delle risorse naturali, la necessità di rapporti basati sul rispetto reciproco.

Una maggiore attenzione al Creato, come recentemente invocata da Papa Francesco nell'enciclica "Laudato si’" appena pubblicata è quella a cui ha invitato anche monsignor Bressan ricordando le parole del Santo Padre in una chiesa gremita: c’erano esponenti politici, consiglieri delle due Province di Trento e di Bolzano, sindaci e amministratori dei Comuni colpiti, rappresentanti della comunità di Longarone e di Zgorigrad in Bulgaria, delle forze dell’ordine, della Croce rossa, degli Alpini, delle associazioni di volontariato impegnate a mantenere vivo il ricordo di quanto accaduto "perché mai più le opere dell'uomo siano causa di morte e distruzione". Al termine, è seguita la processione con il coro parrocchiale e la banda sociale Erminio Deflorian di Tesero che si è snodata lungo le vie del paese, profumate di fieno e di nostalgia, fino ad arrivare alla chiesa di S. Leonardo e al cimitero dove sono sepolte le vittime per la deposizione di corone di fiori al monumento in memoria, la preghiera e la benedizione delle tombe.

È poi arrivato il momento della cerimonia civile: "Il disastro di Stava ha lasciato una cicatrice profonda, ma c'è anche la Stava della rinascita, quella di chi ha contrapposto al profitto l'altruismo disinteressato – ha esordito la neosindaca di Tesero, Elena Ceschini -. Non ero ancora nata, ma ho ascoltato i racconti dei miei famigliari e dico che di fronte a una disgrazia dipesa dalla superficialità e dagli errori dell'uomo dobbiamo accrescere e diffondere informazioni e conoscenze, affinché le vittime non siano morte invano e quanto accaduto serva da monito per le nuove generazioni, tra le quali mi metto anch'io".

"Ci chiediamo spesso qual è stata la nostra colpa e non riusciamo a trovare una risposta – ha detto Graziano Lucchi, presidente della Fondazione Stava 1985, non nascondendo la commozione -; ci hanno rimproverato di non esserci preoccupati della sicurezza come se questo compito non spettasse a chi ha tradito il mandato affidato dalla collettività: abbiamo avuto fiducia nei tecnici e nelle autorità di controllo e rivendichiamo il diritto a vivere tutelati ovunque".

Dopo 30 anni la ferita è ancora aperta, ma da allora le famiglie delle vittime camminano con tenacia insieme alla comunità trentina lungo le tappe di un percorso che, anno dopo anno, prosegue all'insegna del riscatto civile e della volontà di fare "memoria attiva". Una memoria simboleggiata dalla colata di fango che si trasforma in mano tesa, pronta ad aiutare, e da un fiore che sbocciando dal fango indurito indica la vita che rinasce, infondendo speranza e fiducia.

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