“Tutti Charlie”

I fatti tragici di Francia della settimana scorsa hanno rimesso al centro dell'attenzione la televisione. La consideravamo ormai fuori gioco, nonostante la dilatazione di reti portata dalla digitalizzazione, e questo a causa dei nuovi media, della loro duttilità e interattività. Ma abbiamo dovuto riconoscerne il ruolo ancora centrale di informazione, ampliato dalla possibilità di seguire anche l'informazione francese in diretta e di confrontarla con quella italiana. Le reti “all news” per altro permettevano di seguire 24 ore su 24 lo svolgersi degli eventi.

Ma quale ruolo comunicativo hanno sostenuto veramente le emittenti televisive in questo frangente?

Ancora una volta e nonostante la rilevanza del “contenuto” – urgente, iper-attuale e tragico – la funzione maggiore è quella emotiva e fatica, di contatto e partecipazione.

Non quella che mette a fuoco il problema e offre il punto di vista ottimale per comprendere ciò che oggettivamente sta accadendo un po' più in là rispetto al nostro sguardo, ma quella che ci offre quel tanto di vista per permettere di sentirci anche noi dentro l'evento: partecipi e vibranti delle stesse emozioni di chi vive direttamente l'evento. Nei giorni scorsi, grazie alla tv, quella nazionale come France 24 o Sky o la BBC, ci siamo sentiti “tutti Charlie”, anche se probabilmente vedendo il settimanale satirico francese in un altro momento, non ne avremmo condiviso lo stile e lo spirito.

Il fiume ininterrotto ma ripetitivo di immagini, ora dopo ora, reportage dopo reportage, approfondimento su approfondimento, non metteva a fuoco i problemi o le contraddizioni che via via emergevano dal racconto in diretta, ma piuttosto teneva desta l'attenzione, proseguiva nel richiamare l'attenzione del pubblico internazionale, ci preparava psicologicamente a prender parte dalle nostre case alla Marcia Repubblicana di domenica 11 gennaio. Tutti insieme, per una volta, appassionatamente europei.

Non spendeva tuttavia una parola sulle migliaia pronunciate per chiarire le domande che la cronaca stessa faceva sorgere (per fare un esempio, da dove saltava fuori il terzo uomo, con tanto di nome, se poi erano realmente due al Charlie Hebdo, e come poteva esserci all'hypermarché ebraico la compagna del terrorista se era già partita il 2 gennaio; e come si può compiere un assalto del genere lasciando una macchina incustodita in strada, e il poliziotto sopraggiunto in bicicletta?! E l'ostaggio in tipografia, c'era o non c'era? e se non c'era, perché sopprimere i due invece che catturarli?) Le domande si affollano nella mente dello spettatore, ma la tv le ignora, ha da scandire slogan e parole d'ordine.

Chi le recepisce è il web, che però non essendo in grado di fornire risposte oggettive, elabora la tesi complottista, non la Cia, questa volta, ma i soliti servizi segreti deviati e il Mossad.

Così resta alla stampa, forse, il ruolo di andare oltre l'emozione e dare ragione della realtà in atto. Domani posdomani, nelle prossime settimane.

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