Chi si è speso per la giustizia

Ha fatto tappa in diverse località del Trentino (da Aldeno al Primiero, da San Michele all’Adige al “Da Vinci”), ma ora è tornata a casa, per così dire, la mostra “Vite per la legalità”, allestita a palazzo di Giustizia a Trento, in attesa di possibili ripartenze. Sabato scorso la presentazione ha favorito l'incontro dei cittadini con un piccolo ma coeso gruppo di magistrati promotori, fra i quali Pasquale Profiti, sostituto procuratore e presidente dell’Anm della nostra Regione e Alessia Silvi, pubblico ministero, accompagnati in altre occasioni dal giudice dott. Borrelli. Insieme per raccontare della vita e della morte di altri magistrati come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Guido Galli, Emilio Alessandrini e di due avvocati, Giorgio Ambrosoli e Fulvio Croce. Con l’intento di lasciare ai giovani il ricordo di queste figure esemplari, come ripete Profiti: “La nostra idea è quella di portare dei testimoni credibili di legalità costituzionale. Persone che si sono appassionate così tanto alla libertà costituzionale da sacrificare la loro vita. In questo modo il messaggio è quello di difendere quei principi perché ce li hanno consegnati persone che si sono sacrificate per noi.” Una legalità costituzionale tra cui si annovera l’imparzialità della magistratura, un valore prezioso da preservare e tramandare contro ogni tentativo di asservimento al potere esecutivo o ai potentati anche economici di varia genesi. Nei diversi pannelli appaiono queste sei persone in momenti diversi della loro vita, frangenti pubblici ma anche situazioni private in un continuum che ha come denominatore comune i valori della semplicità e della sobrietà di atteggiamento e il modo ordinario del loro operare. Non si ritenevano affatto degli eroi, non avevano nulla di straordinario se non la fedeltà alla loro scelta, un lavoro professionale accurato e metodico, la convinzione di spendere le proprie giornate – le fatiche e l’impegno- per qualcosa in cui credevano profondamente, per il bene di tutti. “Vite per la legalità” appunto, e non c’è assolutamente nulla di retorico in questo titolo perché loro per legalità intendevano l’adesione a valori di convivenza e ai principi di giustizia, svolgere compiutamente il proprio dovere quotidiano. È semplicemente anche per questo che sono incappati nei disegni criminosi di chi ha tramato la loro morte.

Qualche persona avanti con l’età ha voluto esserci, sabato mattina a Palazzo di Giustizia, anche solo per una testimonianza che gli faceva ricordare quegli anni in cui Giovanni e Paolo (così li chiamava amorevolmente il loro “capo” Antonino Caponnetto) si battevano per un’Italia migliore, liberata dal giogo della mafia e dalle sue tante connivenze. Qualche giovane era presente per conoscere, imparare, per capire. E’ stata anche l’occasione per dire che se è vero che una delle magagne della giustizia italiana è la lentezza dei processi ciò non dipende in via prioritaria dai magistrati il cui grado di “produttività” è assai elevato, ma piuttosto dalla mancanza, in organico, di magistrati, di cancellieri e di personale ausiliario. E’ stata una preziosa occasione per avvicinare il cittadino alla giustizia, per non sentirla estranea e lontana, ma parte costituente, ineliminabile, del percorso democratico.
vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina