Vite assetate

Ragazzi e adulti hanno riflettuto sul tema della pace e della ricerca di un senso da dare alla vita. Con una testimonianza sulla sete di libertà di chi è in carcere

Gennaio è per l'Azione cattolica il Mese della pace; per i ragazzi dell'Acr è un impegno che si concretizza ogni anno nelle attività del gruppo a livello parrocchiale. Quest'anno i ragazzi hanno approfondito il tema “Dai vita alla pace”, per riscoprire la bellezza della vita come dono; l'iniziativa prevede a livello nazionale la raccolta di fondi per costruire un ponte di fraternità oltre il Mediterraneo, con l’acquisto della volanta (un macchinario che pompa l’acqua fino in superficie), fornendo acqua ad una comunità del Burkina Faso. Questa sfida è stata raccolta da ragazzi, adolescenti, giovani e adulti dell'Ac trentina durante la Giornata diocesana unitaria di domenica 25 gennaio a Trento, approfondendo il tema della sete.

Sete di acqua, come testimoniato dal video iniziale su come la costruzione di un pozzo in un villaggio africano possa portato speranza e attesa di un futuro migliore, impulso a costruire case e scuole, a seminare e ridare dignità.

Sete di libertà e di condivisione, come sperimentato dai ragazzi che hanno ascoltato la testimonianza di due volontarie di Volano sull'esperienza del portare acqua, solidarietà e sostegno in Tanzania – ricevendo forse anche di più in termini di ricchezza umana, relazioni e riconoscenza.

Sete interiore da scoprire, nutrire e placare in noi e in chi ci sta accanto, come è emerso dal confronto tra gli adulti e nel laboratorio sulla famiglia: quella sete di acqua viva che solo Dio può dare, ma che siamo chiamati a portare anche noi, brocche a volte un po scheggiate ma comunque necessarie per portare l'acqua dal pozzo profondo al tavolo di chi è assetato. È sete di senso, di giustizia, di fiducia, di pace tra i popoli e in famiglia; sete di relazioni e di accoglienza, di dignità, di speranza, di silenzio per far parlare il cuore. È quella sete che arde dentro e che rende inquieti, spinge a cercare senza accontentarsi, finché non si trova pace. Come placare questa sete? Attraverso relazioni di amicizia e di accoglienza, ascolto e reciproco dialogo; con la preghiera e il servizio, la cura dell'educazione in famiglia, il volontariato, l'attenzione verso i bisogni di chi incontriamo. A volte ci si rassegna al male, alla disuguaglianza, alle ingiustizie, ma Papa Francesco ci esorta a “non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità”.

Ecco allora che sul pozzo costruito dai ragazzi, modellandolo con diversi mattoncini, gli adulti hanno attaccato i loro desideri di pace, che sono anche impegni a costruirla giorno per giorno – personalmente e come gruppo – con piccoli gesti quotidiani verso chi ci sta accanto, ma anche con atteggiamenti consapevoli di consumo critico, di informazione consapevole, di accoglienza.

Nel pomeriggio giovani e adulti hanno riflettuto sulla sete di libertà di chi è prigioniero attraverso la testimonianza del servizio di Alessandro Gremes e Cristina Malacarne presso la Casa Circondariale di Spini di Gardolo. Il carcere – dicono – è “un mondo a parte, sospeso nel tempo e nello spazio”, dove la persona non ha dignità né scopo e il teorico intento correttivo si disperde nel vuoto di una non esistenza, spesso nell'attesa di un giudizio che è già implicitamente espresso nella segregazione; la persona è negata, estremamente sola e sganciata da ogni relazione sociale, dimenticata da tutti, abbandonata.

L'acqua, la vita, la dignità, la libertà, la pace… sono un dono, bene di tutti e responsabilità di ognuno; non possiamo distogliere gli occhi, chiudere il cuore, pensare solo a noi stessi: ognuno attinge al pozzo, ma nessuno possiede la fonte; tutti abbiamo sete, nessuno il diritto di privare gli altri dell'acqua/pace/umanità.

A.R.

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