Piace anche “de magro”

Lo stoccafisso è conosciuto sin dal Concilio di Trento: a Lavis uno dei rari stabilimenti italiani per la lavorazione e la commercializzazione del merluzzo norvegese essiccato

“Profumo di Norvegia”: Francesco Boso, imprenditore trentino in campo ittico, definisce così l'odore di stoccafisso che si porta appresso da una vita, da quando con la madre, appena ragazzo si è messo a vendere pesce di casa in casa in città e successivamente nelle valli che raggiungeva a bordo di un motofurgone “Ape”. Lo fa con un largo sorriso quasi a voler mettere le mani avanti e scusarsi, entrando nell'abitazione di amici, in un momento di pausa dal lavoro che in questi giorni è frenetico in concomitanza con la Quaresima. Grazie al mercoledì delle ceneri e i venerdì “de magro” è triplicata la richiesta di stoccafisso e pesce di tutti i tipi.

Francesco è infatti inseguito da un leggero olezzo che invade il soggiorno, ben sopportato dalle casalinghe abituate alla cottura di pesce che – nonostante i marchingegni di aspirazione delle moderne cucine – impregna solitamente tutti i locali. Ma il profumo di Norvegia di cui parla Boso è strettamente legato allo stoccafisso che importa per l'appunto dalla Norvegia a tonnellate e che dopo il bagno provvede a smistare in tutto il nord Italia. L'Azienda Boso, dislocata fra Lavis e Zambana, con una ventina di dipendenti, è uno dei rari opifici italiani in cui si lavora il merluzzo essiccato e importato dal Nord Europa. Risalgono alla fine degli anni Sessanta i primi viaggi di Boso in Norvegia per scegliere e poi acquistare all'asta di persona gli stoccaggi di materiale destinati al mercato regionale, veneto, lombardo ed emiliano, con la materia prima esposta all'aria aperta in riva al mare sulle pergole per l'essiccazione, operazione che dura anche 4-5 mesi.

Quella della famiglia Boso è una lunga storia con le sue croci e le sue soddisfazioni. Classe 1936, orfano del padre Ernesto, orologiaio, manovratore degli orologi meccanici del Duomo di Trento, deceduto ad appena 29 anni, quando Francesco all'anagrafe, Franco per tutti, di mesi ne aveva sei, smessi i calzoni corti, con il cugino Augusto, ha incominciato a percorrere le strade del capoluogo in sella ad una pesantissima bicicletta carica di stoccafisso gridando ai quattro venti: “donne, donne pesce!”. Ed è stato in quegli anni che si è inventato la battuta del profumo di Norvegia per replicare alle massaie che nell'avvicinarlo si facevano bonariamente beffa di lui, accusandolo di puzzare come un ‘anguilla o peggio come il baccalà. Ma con il profumo di Norvegia il giovane pescivendolo non si è attirato solo le simpatie delle clienti, ma ha fatto le sue fortune, aprendo con la madre Tullia nel 1955 un primo negozio di pesce a Gardolo e a partire dal 1997, trasferendo l'intera attività in uno stabilimento a nord di Trento: oggi vi lavorano con una dozzina di dipendenti, le due figlie, Daniela e Luana, i rispettivi mariti Giancarlo e Carlo, i figli delle due coppie Moira e Loris e Veronica e Luca. Si tratta di un'azienda familiare che non esclude dal circuito operativo la moglie di Franco, la signora Anna, impegnata al mattino nel prefabbricato del pesce in Piazza Vittoria. Un automercato ha sostituito da tempo l'Ape nelle valli dolomitiche di Fiemme e Fassa, mentre una decina di furgoni ogni giorno partono per tutte le direzioni dei vari mercati ittici per la consegna di stoccafisso, baccalà ed altre specie ittiche marine e di acqua dolce. Lo spaccio all'ingrosso è operativo nei pressi del Bren Center. Ma la specialità di Boso è la produzione, lavorazione e commercializzazione dello stoccafisso per il 60% del giro d'affari, ristretta come osserva, a soli 5-6 stabilimenti in Italia. A sua volta il 60% del lavorato è acquistato in regione. Si tratta di 500 tonnellate di merluzzo essiccato che, dopo la bagnatura, di tonnellate ne viene a pesare 2 mila. Nel processo inverso, un merluzzo di 4-5 chilogrammi al momento delle cattura riduce il suo peso ad appena mezzo chilogrammo una volta essiccato. Il baccalà – spiega Franco – è un altra cosa, rispetto allo stoccafisso. Sempre di merluzzo si tratta che però arriva morbido e salato e non ha bisogno di particolari trattamenti, mentre la filiera dello stoccafisso è tutt'altro. Quello che Boso vende è della migliore qualità, come dimostrano le certificazioni di accompagnamento, scelto personalmente, un paio di volte all'anno, durante i trasferimenti in Norvegia. E' denominato “Gadus Mortua”, nel rispetto di norme rigide per quanto riguarda tempi di pesca, quantità del prelevato e pezzatura. La stagione autorizzata è l'attuale. Proviene dalle isole Lofoten. Si tratta di pescato, eviscerato, mozzato della testa e messo ad essiccare sulle apposite strutture di legno chiamate “pergola” nello stesso giorno. La differenza è sostanziale – spiega Boso – rispetto ad altre produzioni che vengono pescate in alto mare, ammassate nelle celle frigo per più settimane, scongelate al rientro in porto delle navi da pesca, essiccate e quindi vendute. In termini di prezzi al minuto in pescheria ciò significa pagare 20 euro un chilogrammo di stoccafisso bagnato, rispetto ai 39-40 euro del “Gadus Mortua”. Le teste sono esportate soprattutto in Africa e in Brasile dove vengono bollite e ribollite per farne brodo e minestre. Lo stoccafisso arriva per lo più una volta al mese su camion in “balle” da 50 chilogrammi, ossia in sacchi di iuta. Viene riposto negli ambienti a temperatura costante di 8° e quindi immerso nell'acqua in contenitori metallici, dove resta per sette giorni, con un ricambio quotidiano dell'acqua e l'aggiunta, nella fase intermedia, di calce per rimuovere residui estranei. Il tutto è monitorato con frequenti esami di laboratorio per l'osservanza di rigorose misure igienico-sanitarie. Il consumo di stoccafisso e baccalà ha subito negli ultimi anni un'evoluzione legata alle proposte della cucina italiana e ai gusti delle gente che non distingue più fra “giorni di magro” e gli altri. Sul desco domestico e nei ristoranti lo stoccafisso è presente tutto l'anno e per tutti i giorni della settimana. “Anni fa finita la Quaresima si metteva il lucchetto su questa catena di lavorazione, oggi invece si lavora tutto l’anno”, ammette Francesco Boso.

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