Le sfide della cura in corsie multietniche

Di salute e malattia in una realtà multietnica e multireligiosa, come quella attuale in Italia, ha parlato l'arcivescovo Luigi Bressan, martedì 17 marzo all'Istituto Gaslini di Genova nell'ambito di un convegno che ha visto la presenza, tra gli altri, del presidente della Cei, Angelo Bagnasco e del direttore dell'ufficio Cei per la salute don Carmine Arice. Bressan è partito dal presupposto dell'attenzione sempre riservata dal cristianesimo verso gli infermi per approfondire gli aspetti della salute e della malattia legati alle persone provenienti da ogni parte del mondo appartenenti a culture e religioni diverse, quantificate in 5 milioni. Il 54% degli immigrati si dichiara cristiano, (cattolici, ortodossi e protestanti), un terzo musulmano, con 750 centri di preghiera e due organismi nazionali di riferimento, il 2,6% induista, il 2% buddista, seguiti da altre minoranze. Si tratta di una situazione, ha affermato Bressan, con la quale si deve convivere e costruire coesione. La stessa medicina è chiamata a porsi in gioco sul piano delle conoscenze cliniche e soprattutto delle relazioni con le persone che percepiscono e vivono la malattia con coordinate e con visioni dei sistemi sanitari diversi dai nostri. Il relatore è poi entrato nello specifico delle osservanze dei vari gruppi in conformità con i loro credo religiosi per affermare che il paziente, in ospedale, ancora prima delle medicine e cure, desidera e apprezza la presenza reale di chi sappia condividere, oltre le diversità di carattere, cultura, religione ed età.

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