La forza dei giovani

Quello di “essere protagonisti della carità” non è certamente un obiettivo di poco conto. Lo ha ammesso, aprendo sabato scorso il convegno annuale della Caritas diocesana, lo stesso direttore Roberto Calzà che ha rivendicato ai giovani l’impegno di sperimentarsi nel costruire qualcosa di importante per la comunità prima che per se stessi. Essi non rappresentano un eterno e irrisolvibile “problema” in una società liquida e complessa, secondo la comune visione della gente, ma sono spesso – come risulta dall’esperienza Caritas – una risorsa per tutti, una presenza da intercettare perché sia “la forza delle nostre comunità nel servire i fratelli”.

Quello giovanile rappresenta un contesto che da alcuni anni rivela alla Caritas trentina “partecipazione ed un entusiasmo inaspettati” sebbene dai dati analizzati nell’ultimo Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo di Milano appaia un quadro nazionale in chiaroscuro: quasi due giovani italiani su tre non hanno mai svolto volontariato e solo il 6,6% ne è attratto in maniera continuativa. Motivo in più per spendere energie e risorse in questa direzione, investendo in percorsi “dove i giovani si incontrano nella carità e nel servizio verso gli altri”. Quelli che non si accontentano e guardano avanti, “giovani a cui pensare se vogliamo un futuro”, la paterna premura dell’arcivescovo Luigi Bressan che ha augurato loro, conclusa la preghiera comunitaria, di essere “buoni imprenditori della loro vita”, perchè i ragazzi – ha aggiunto – “non si limitano alla semplice conservazione ma sanno e vogliono guardare avanti”.

“Vogliono essere educati con il linguaggio moderno a uscire dal pensiero semplice, a vedere la carità declinata come giustizia sociale e chiedono aggregazione non associazionismo”. Con queste parole il formatore del Gruppo Abele di Torino, Guido Tallone, ha scosso la platea di operatori delle Caritas decanali e parrocchiali del Trentino intervenuti nel pomeriggio di sabato 21 marzo. “… Diverranno profeti i vostri figli” il tema sviscerato per rimarcare nei ragazzi il bisogno di una comunità sempre più vicina e capace di accompagnarli, ovvero “formarli con continuità educandoli all’apertura e alla solidarietà” usando la grammatica a loro più usuale. L’ostacolo non sarebbe l’approccio personale, ma il modello educativo a loro imposto. Ecco perché vanno aggiornati gli strumenti formulati specialmente negli anni Settanta e oggi largamente superati come quelli che concepiscono i servizi di volontariato in senso unidirezionale secondo la formula del chi sta meglio dona e chi sta peggio riceve, per conferire spessore a “valori che non vanno spiegati, ma testimoniati”, suggeriva l’esperto Tallone in riferimento alla “cultura della complessità sociale” da trasmettere necessariamente alle giovani famiglie contemporanee.

“Se da una parte – precisava Calzà esortando a spianare le vie percorribili della carità comunitaria – avvertiamo la necessità della presenza giovanile, dall’altra siamo timorosi del loro poter essere profeti e protagonisti del futuro che ci attende”. Intanto – con le parole di Dino Boffo – “la Caritas resta tra le più amate agenzie nazionali” anche per la sua specificità di saper coniugare carità e giustizia, come risulta piacere tanto ai giovani d’oggi.

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