“Mamma li turchi”

“Avverto il Papa di non ripetere questo errore, e lo condanno”. Dopo tre giorni di silenzio, pur con l'attivazione dei canali diplomatici, la convocazione del nunzio apostolico e dell'ambasciatore e le rimostranze ufficiali del Governo di Ankara, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha replicato a Francesco, che in occasione della rievocazione in Vaticano dei cento anni dal massacro degli armeni, domenica 12 aprile, ha definito l'eccidio il primo “genocidio” del XX secolo.

La dichiarazione ha infiammato improvvisamente il clima politico con effetti anche sui rapporti religiosi fra Santa Sede a Turchia, fra cristiani e una grossa fetta di musulmani del vicino Oriente. Ma la polemica che potrebbe aumentare con l'attesa dichiarazione, sullo stesso tema, del Parlamento europeo e il 6 maggio prossimo del presidente Usa, Barack Obama, a Washington dove verrà commemorato il centenario del piano di sterminio armeno in una chiesa, dimostra la complessità dei problemi politici e sociali e solo marginalmente religiosi, all'interno del negoziato per l'adesione della Turchia all'Ue, finito dopo una fase pregna di aspettative ed anche di entusiasmi, su un binario morto.

La dura reazione di Erdogan e prima ancora del ministro degli Affari europei, Volkan Bozkir il quale ha affermato che “Papa Francesco è argentino, il paese che accolse i nazisti, gli autori dell'Olocausto degli ebrei”, motivo per il quale ha usato le parole “genocidio armeno”. Il ministro ha deliberatamente dimenticato di aggiungere che gli altri due “genocidi”, con l'armeno definiti “tre grandi tragedie inaudite”, citati dall'argentino Jorge Mario Bergoglio, sono stati quelli provocati dal nazismo e dallo stalinismo. Il Papa, nello stesso discorso, ha pure definito il momento attuale “un tempo di guerra mondiale a pezzi”, facendo l'elenco dei Paesi colpiti da “stermini di massa”. “Ricordare il centenario di quel tragico evento – ha dichiarato Francesco – di quell'immane e folle sterminio è necessario, anzi doveroso”, aggiungendo che la famiglia umana sembra rifiutarsi di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore, fra silenzi complici e spettatori indifferenti. “Nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla”. Erdogan può fingere di non conoscere o di negare gli effetti della persecuzione contro gli armeni, massacrati e fuggiti a migliaia in ogni parte del mondo, tanto da far pendere la bilancia verso il popolo della diaspora in numero maggiore di coloro che abitano l'Armenia. La Svizzera prevede severe condanne contro il negazionismo ed è un piccolo Paese dalle non infrequenti accentuazioni razziste, ma solidamente libero e democratico. Eppure, come confermano le prese di posizione di questi giorni, c'è ancora chi nega l'evidenza di un milione e mezzo di morti.

La Chiesa di Francesco, non intende tuttavia demordere dal cammino della “franchezza” e del parlare “con libertà”, facendo perno all'interno delle comunità sull'armonia, povertà e pazienza, come indicato all'indomani della celebrazione armena, alla Messa in santa Marta. Se per un verso la coraggiosa presa di posizione di Bergoglio (come peraltro avevano già fatto i suoi predecessori con minore impatto in Turchia) è risultata indigesta al governo di Erdogan, dall'altro ha spiazzato persino la piccola comunità cattolica di 56 mila fedeli, che sopravvive tra grandi difficoltà.

Il vicario apostolico di Istanbul e Ankara, mons. Louis Pelatre, nel descrivere le reazioni ha infatti dichiarato che l'intervento del Papa è stato accolto con sorpresa da parte di tutti, con irritazione dai musulmani e un po' di imbarazzo dalla comunità cristiana abituata a non pronunciare mai la parola “genocidio” riferita agli armeni: termine tabù, concetto rifiutato e perseguito penalmente. Il vescovo si augura che la bufera non abbia troppi contraccolpi in quanto la minoranza cristiana colpita negli ultimi anni nel cuore con l'uccisione di un vescovo e di una sacerdote, soprattutto in alcune zone, deve stare attenta a non urtare la sensibilità dei gruppi islamici oltranzisti. Ma per il Patriarca cattolico di Cilicia, Nerses Bedros XIX che respinge le letture strumentali che attribuiscono alle parole del Papa una connotazione ostile alla Turchia, il “nervosismo” e “le reazioni diplomatiche così dure” sono da imputare al fallimento della strategia del governo turco di impedire che si parli del genocidio armeno. Il Papa, a suo dire, non è schierato con nessuno. Nel suo viaggio in Turchia, lo scorso novembre, ha esaltato con parole piene di riconoscenza la missione di dialogo e riconciliazione che la Turchia è chiamata a svolgere per il fatto stesso di essere una cerniera tra l'Europa e il Medio Oriente. Il Vaticano tace, la diplomazia cammina a piccoli passi, ma procede. Il seguito è rinviato a maggio.

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