Il “divorzio breve” è legge

Ma non è l’unica strada a disposizione delle coppie in crisi irreversibile: già la legge 162/2014 offriva altri strumenti giuridici per giugnere a un accordo lontani dalle aule del tribunale

Lo scorso 22 aprile la Camera ha approvato in via definitiva e a larghissima maggioranza la cosiddetta legge sul “divorzio breve”, che prevede in sostanza una netta diminuzione dei tempi per ottenere una sentenza di divorzio: basteranno ora, anziché tre anni di separazione, sei mesi ininterrotti in caso di consenso e un anno, sempre ininterrotto, per la separazione avanti al giudice in caso di dissenso e ciò indipendentemente dalla presenza dei figli. Vengono poi anticipati i tempi relativi allo scioglimento della comunione dei beni, e quindi la definizione degli aspetti più propriamente economici, che scatterà a partire dalla firma di separazione consensuale o dal momento in cui il magistrato autorizza gli ex coniugi a vivere separatamente. Nella fase transitoria si potrà già applicare la nuova norma ai procedimenti in corso (tecnicamente, quindi, la norma avrà portata con effetti “retroattivi”).

Ma il divorzio breve non è l’unica strategia a disposizione delle coppie in crisi irreversibile. La legge 162 del 2014 mette a disposizione altri due strumenti giuridici per addivenire a un accordo lontani dalle aule del tribunale.

La prima soluzione è la cosiddetta “negoziazione assistita” che prevede che le parti, anche in presenza di figli minori o maggiorenni da tutelare, possano risolvere la controversia in via, per cosi dire, “amichevole”, con un accordo formale scritto attraverso l'assistenza di un legale; tale accordo costituisce un titolo esecutivo che però deve essere trasmesso entro dieci giorni al Pubblico Ministero competente. In assenza di figli, quest’ultimo si limita ad un controllo formale dell'accordo. Con la presenza dei figli, il Pubblico Ministero valuta se l'accordo intercorso sia rispondente o meno agli interessi dei figli medesimi. Qualora vi siano problemi su quest'ultimo passaggio, l'atto che contiene l’accordo viene trasmesso entro cinque giorni al Presidente del Tribunale che fisserà la comparizione delle parti entro trenta giorni. Nell'accordo stesso si formalizza che gli avvocati hanno tentato la conciliazione, informando le parti sulla possibilità di procedere alla mediazione familiare e sull'importanza che il figlio minore trascorra tempi adeguati con entrambi i genitori. Nella fase finale di questa procedura, gli avvocati hanno l’obbligo di trasmettere copia autentica dell'accordo all’ufficiale dello stato civile del Comune dove il matrimonio è stato iscritto o trascritto, pena sanzioni pecuniarie molto pesanti.

Oltre alla suesposta procedura della negoziazione assistita, è stata introdotta anche una disciplina complementare che consente di separarsi o divorziare anche al cospetto del sindaco e con l’assistenza (facoltativa) di un legale. Per la conferma di tale accordo è però necessario che il sindaco riconvochi le parti dopo trenta giorni dalla prima firma. Se uno dei due o tutte e due i coniugi non si presentano, l'accordo del mese precedente salta.

Dati statistici alla mano, nel 2012 le separazioni nel nostro Paese sono state poco più di 88 mila, e i divorzi poco più di 51 mila, in tendenza al calo rispetto agli anni precedenti. E forse questo a causa della crisi economica e dell'aumento vertiginoso delle convivenze “more uxorio”.

Infine, una curiosità. il divorzio “breve” sarebbe stato chiamato “lampo”, se il Senato qualche giorno fa non avesse deciso di stralciare dall’art. 1 della legge la previsione secondo cui il divorzio “lampo” avrebbe potuto essere chiesto anche in assenza di un periodo di separazione, da entrambi i coniugi con ricorso congiunto all'autorità giudiziaria, a patto che non fossero coinvolti figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o minori di 26 anni, ma economicamente non autosufficienti.

E ora? Tempo fa il giurista Francesco D’Agostino scriveva sul quotidiano Avvenire un articolo piuttosto profetico in tal senso e dal titolo fortemente emblematico “Nell'agonia del matrimonio la crisi delle società occidentali”. E concludeva la sua lucida disamina della crisi dell’istituto matrimoniale in tutte le società occidentali con queste parole: “Lo smarrimento dei giuristi (…) è impressionante. Lo dimostrano i deboli dibattiti italiani sul divorzio breve, nei quali la voce dei giuristi si è sentita poco. L'individualismo che caratterizza le società secolarizzate consente che si dia al matrimonio un rilievo residuale… Ma possono avere un futuro le società ‘dematrimonializzate’? Certamente no. Ma un’eventuale ‘rimatrimonializzazione’ delle società occidentali richiede che tutto l'istituto del matrimonio vada profondamente ripensato e preso sul serio. Ossessionati come siamo dai problemi dell'economia sembra che non siamo più capaci di percepire come alla base dell’economia stia la famiglia e alla base della famiglia stia il matrimonio e la sua capacità di durare. Quella del matrimonio è una questione antropologica, prima che confessionale”.

Sandro Bampi

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