“Qualcosa è cambiato. Ecco le nostre risposte”

“Vedo segnali di una comunità capace di sviluppare dell’attenzione”

“Non vogliamo avere la pretesa di fare la fotografia della povertà in Trentino”, chiarisce ai microfoni di radio Trentino inBlu Roberto Calzà, direttore della Caritas di Trento. “Quello che presentiamo è comunque uno spaccato importante, anche perché i Centri di ascolto Caritas sono numerosi, tredici, e ci sono anche i Centri di ascolto parrocchiali”.

Cosa suggerisce questo rapporto relativo al 2014?

“Ci dice cose che talvolta sfuggono a noi e alla comunità trentina. Ci dice che qualcosa è cambiato. Non nei numeri, che non si discostano molto dall’anno precedente. Ma alcune tendenze sono nuove”.

Ad esempio?

“Incontriamo persone che dopo alcuni colloqui manifestano evidenti difficoltà nella gestione del bilancio familiare. La novità è che spesso alle spalle c’è il gioco d’azzardo; è una situazione che fino a qualche anno fa non era così diffusa nei nostri centri di ascolto”.

L'altro dato nuovo?

“L'aumento degli italiani. E' una situazione legata alla crisi economica e alla disoccupazione, evidentemente. Però in alcuni centri di ascolto raggiungiamo il 40% di italiani: è una novità assoluta”.

Quali risposte danno i servizi Caritas e Fcs?

“Abbiamo fatto delle scelte. Abbiamo diminuito gli aiuti materiali, in particolare i viveri, perché abbiamo percepito che la fatica è economica, ma va seguita da un accompagnamento che può essere indirizzato alla gestione del bilancio familiare ma può anche essere un accompagnamento relazionale: si tratta di persone che devono far fronte a delle spese e i viveri non servono per pagare la bolletta”.

Cambiano di conseguenza le competenze richieste ai vostri operatori e volontari?

“E' una sfida che per noi è sempre nuova e anche faticosa. Chi si occupava di incontrare le persone, di fare i colloqui per dare poi una risposta materiale, adesso deve sviluppare anche competenze di capacità di analisi e di accompagnamento che non sono proprio immediate”.

Il lavoro di sensibilizzazione della comunità – e di quella cristiana in particolare – sta dando risultati?

“In questi anni i Centri di ascolto sono aumentati, le Caritas parrocchiali sono aumentate, due decanati – Trento e Rovereto – si sono dotati di uno strumento, il Fondo di solidarietà, che è da noi condiviso e sostenuto. Credo che questi siano segnali di una comunità capace di sviluppare dell'attenzione”.

Cosa fa più difficoltà?

“Entrare nel dettaglio delle singoli situazioni a volte è difficile, perché non tutti si rivolgono a noi, e non sempre le nostre comunità sono così attente. Però vedo che i segnali sono positivi”.

A chi si trova in difficoltà, ma è frenato dalla vergogna, qual è l'invito che rivolgete?

“Rivolgetevi ai nostri servizi senza avere paura di essere giudicati. A volte è sufficiente attivare del vicinato solidale, non è sempre detto che si debba passare dai servizi sociali. Non abbiano paura di dire: sono in difficoltà. Quello che penalizza di più le persone in difficoltà è la solitudine. E chi è solo sbaglia e ha paura a dirlo”.

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